ANNA MARIA ORTESE E L'ISOLA DI PROCIDA
Non sapevo che Anna Maria Ortese fosse
passata per Procida in gioventù, ancor prima che vi giungesse
Mi raccontò che da giovane veniva
spesso sull’isola per la pesca subacquea
e vi era stato anche insieme ad Anna
Maria Ortese. Il racconto di quel viaggio, con l’amica scrittrice a Procida,
sarebbe apparso in un suo prossimo libro a cui stava lavorando: Napoletan
Graffiti.
Qualche
anno dopo mi trovai con il libro di La Capria tra le mani e corsi subito a
rintracciare le pagine in cui si parlava di Anna Maria Ortese. Si trattava del
capitolo che La Capria dedicava al libro Il mare non bagna Napoli, nella
nuova edizione della Adelphi e, proprio in chiusura, dinanzi alla foto della
Ortese giovane, riportata in copertina, La Capria ricorda il suo viaggio con
lei nell’isola:
“Guardo
il pallido viso di lei ragazza, la mite intransigenza dell’espressione, gli
occhi adombrati e come presaghi, la bocca appena sfiorata da una piccola piega
amara. E la rivedo – ma forse anch’io sogno – in un giorno in cui, chissà come,
per quale imprevedibile e astrale coincidenza, il giovanottino “sempre annoiato
e scalzo in riva dell’acqua” che ero io la condusse in una gita all’isola di
Arturo, a Procida, dove lui andava a far la pesca subacquea (una passione
allora per lui più grande della letteratura). E qui preferisco ricordare in
prima persona. Era una splendida mattina quando ci imbarcammo sul vaporetto.
Con un mare liscio e azzurro; ma credo che Anna Maria appena salita la scaletta
fosse già pentita di quella sua decisione. Io avevo un pullover forse bianco o
azzurro, lei era vestita tutta di nero, forse portava ancora un lutto di
famiglia. Neri erano i suoi capelli divisi da una riga nel mezzo, neri gli
occhi nel viso bianco di spagnolita: forse era proprio come appare sulla
copertina Adelphi. Si rifugiò subito nel salone interno del vaporetto. Sembrava
che tutta la luce di quella mattina di primavera fosse per lei insostenibile,
le facesse male agli occhi, la ferisse nel profondo; e lei come una di quelle
farfalle notturne che di giorno, con le scure ali incrociate, cercano un riparo
in un angolo nascosto della casa, se ne stava appartata nel punto più riparato
del salone. Con gli occhi rivolti dentro se stessa non vedeva niente dello
spettacolo di fuori… e neppure vide l’isola che ci veniva incontro con tutte le
sue bianche case smozzicate che si riflettevano nello specchio del
porticciuolo… “
Come
racconta La Capria, Anna Maria Ortese, abbagliata da tanta luce, non vide
Procida che le veniva incontro, ma visse nell’isola quel giorno e forse anche
altre volte, nella riservatezza che le era propria e, come una buona fata
notturna, l’abbracciò col suo sguardo d’amore.
[Da
Pasquale Lubrano Lavadera, Anna Maria Ortese e l’Isola di Procida, Storia di
un epistolario, Prefazione di Filippo La Porta, IOD Edizioni 2022]
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