ANNA MARIA ORTESE E L'ISOLA DI PROCIDA

 


   Non sapevo che Anna Maria Ortese fosse passata per Procida in gioventù, ancor prima che vi giungesse la Morante. Lo seppi nella serata in cui le venne assegnato il Premio “Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante”1988. Me lo confermò alcuni anni dopo, nel settembre 1995, Raffaele La Capria, anche lui nella Giuria del premio insieme a Rosetta Loy.

Mi raccontò che da giovane veniva spesso sull’isola  per la pesca subacquea e  vi era stato anche insieme ad Anna Maria Ortese. Il racconto di quel viaggio, con l’amica scrittrice a Procida, sarebbe apparso in un suo prossimo libro a cui stava lavorando: Napoletan Graffiti.

Qualche anno dopo mi trovai con il libro di La Capria tra le mani e corsi subito a rintracciare le pagine in cui si parlava di Anna Maria Ortese. Si trattava del capitolo che La Capria dedicava al libro Il mare non bagna Napoli, nella nuova edizione della Adelphi e, proprio in chiusura, dinanzi alla foto della Ortese giovane, riportata in copertina, La Capria ricorda il suo viaggio con lei nell’isola:

“Guardo il pallido viso di lei ragazza, la mite intransigenza dell’espressione, gli occhi adombrati e come presaghi, la bocca appena sfiorata da una piccola piega amara. E la rivedo – ma forse anch’io sogno – in un giorno in cui, chissà come, per quale imprevedibile e astrale coincidenza, il giovanottino “sempre annoiato e scalzo in riva dell’acqua” che ero io la condusse in una gita all’isola di Arturo, a Procida, dove lui andava a far la pesca subacquea (una passione allora per lui più grande della letteratura). E qui preferisco ricordare in prima persona. Era una splendida mattina quando ci imbarcammo sul vaporetto. Con un mare liscio e azzurro; ma credo che Anna Maria appena salita la scaletta fosse già pentita di quella sua decisione. Io avevo un pullover forse bianco o azzurro, lei era vestita tutta di nero, forse portava ancora un lutto di famiglia. Neri erano i suoi capelli divisi da una riga nel mezzo, neri gli occhi nel viso bianco di spagnolita: forse era proprio come appare sulla copertina Adelphi. Si rifugiò subito nel salone interno del vaporetto. Sembrava che tutta la luce di quella mattina di primavera fosse per lei insostenibile, le facesse male agli occhi, la ferisse nel profondo; e lei come una di quelle farfalle notturne che di giorno, con le scure ali incrociate, cercano un riparo in un angolo nascosto della casa, se ne stava appartata nel punto più riparato del salone. Con gli occhi rivolti dentro se stessa non vedeva niente dello spettacolo di fuori… e neppure vide l’isola che ci veniva incontro con tutte le sue bianche case smozzicate che si riflettevano nello specchio del porticciuolo… “

Come racconta La Capria, Anna Maria Ortese, abbagliata da tanta luce, non vide Procida che le veniva incontro, ma visse nell’isola quel giorno e forse anche altre volte, nella riservatezza che le era propria e, come una buona fata notturna, l’abbracciò col suo sguardo d’amore.

[Da Pasquale Lubrano Lavadera, Anna Maria Ortese e l’Isola di Procida, Storia di un epistolario, Prefazione di Filippo La Porta, IOD Edizioni 2022]

  

[dal libro  Pasquale Lubrano Lavadera, Anna Maria Ortese e l'Isola di Procida, storia di un epistolario, prefazione di Filippo La Porta, IOD edizioni 2022]

[1] Raffaele La Capria, Napolitan Graffiti - Come eravamo, Rizzoli Milano 1998.

[2] A.M. Ortese, Il mare non bagna Napoli, Adelphi, Milano 1994.

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