Una “nuova umanità” nel quartiere napoletano della Sanità


La visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al quartiere della Sanità a Napoli e la sua visita alla Comunità del Parroco Don Antonio Loffredo ha acceso i riflettori su quanto sta accadendo in tale quartiere, grazie proprio all'impegno di don Antonio e di tanti uomini e donne che lo hanno affiancato nella sua  non facile missione in un quartiere storicamente ghettizzato e con molti problemi sociali. Riportiamo un breve riflessione sulle motivazioni spirituali che hanno dato origine a questa significativa esperienza.


Quando un parroco mette Dio al prima posto nella sua vita, sente  che deve farsi carico della vita dei suoi parrocchiani, nessuno escluso. E, se si accorge che il territorio in cui Dio l’ha posto per la sua missione è segnato  dalla violenza, dalla criminalità, dalla mancanza di lavoro, dalla prostituzione, del degrado ambientale, egli non può restare indifferente: come ha fatto Gesù  si fa carico di quelle ferite e cerca di risanarle, sfruttando quei beni che Dio gli ha messo tra le mani. 
Don Antonio Loffredo, chiamato venti anni fa ad essere parroco nel rione della Sanità, ha cercato prima di tutto di entrare in rapporto con tutte le famiglie del quartiere per conoscere da vicino il loro vissuto e le problematiche connesse e subito dopo ha steso il suo piano pastorale di rinascita umana e spirituale.



Colpiscono le parole di incoraggiamento che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto a Don Antonio e all’intera comunità, dopo aver visitato il quartiere e preso visione dell’impegno profuso in questi anni per  restituire a uomini, donne e bambini quanto era stato loro sottratto.


Un esempio vivo di cosa significhi testimoniare la rivoluzione evangelica: un esempio di chiesa viva che soffre e prega per la sua gente  e che, seguendo gli insegnamenti di Papa Francesco, cerca di soddisfare i bisogni vitali di piccoli e grandi, dando lavoro a chi non l'ha mai avuto, sostegno agli anziani, istruzione ai ragazzi che vivono nella strada, conforto alle famiglie, salute a chi l'ha persa, ben sapendo che alla fine della nostra vita Gesù ci dirà soltanto: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere, ero ignorante e mi hai istruito, ero straniero e mi hai accolto, carcerato e mi hai visitato, nudo e mi hai vestito…”



Siamo profondamente grati a Don Antonio e alla sua comunità per lo strenuo impegno profuso in questi anni  in un territorio che era stato abbandonato da tutti, e per aver riacceso la speranza in tanti di noi. Se fino a ieri molti affermavano che Napoli era una città “perduta” dove niente si poteva cambiare in meglio, oggi, grazie anche all'Esperienza della comunità parrocchiale di Don Antonio Loffredo, possiamo dire con forza cha  anche a Napoli si può costruire un pezzetto di quella “nuova umanità” che tutti sogniamo.

Pasquale Lubrano Lavadera 






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