SILVIA CIBARELLI: RITROVARCI NELLA BRASSERIE LIPP
RITROVARCI NELLA BRASSERIE LIPP romanzo di Pasquale Lubrano Lavadera - Edizioni IOD - 2019
Ho
sempre pensato che la vita di ciascun uomo sulla terra è scandita da incontri,
con eventi o persone, alcuni dei quali segnano un discrimine tra un prima e un
poi. Improvvisamente lo scorrere dei giorni, pur se a tratti appagante e
interessante, magari per un lavoro che ci gratifica e che svolgiamo con
passione, viene sconvolto da un incontro inaspettato che comincia a liberare le
nostre più nascoste energie spirituali e sentimentali.
È quanto
accade a Juliette Bertrand, affermata traduttrice francese, e a Marino Moretti,
stimato scrittore italiano di Cesenatico, vincitore nel 1969 del premio speciale
Viareggio e autore di molti libri. I due s'incontrano alla brasserie Lipp, a
Parigi, dove lo scrittore si è recato per conoscere la traduttrice di alcune
delle sue opere letterarie. Da quel momento inizia tra loro un rapporto intenso
e profondo, che durerà circa quarant’anni e che lo stesso Marino decide di
raccontare, dopo la morte di lei, nel ricordo commosso e grato per l’amica
fedele che, egli dice, si è voluta immolare a un amore impossibile.
Inizia
da qui la trama del bel romanzo di Pasquale Lubrano Lavadera, che ha avuto la
ventura di conoscere e intervistare uno dei personaggi del libro, Caterina
Mancusi, abitando egli nello stesso luogo in cui si svolgono gran parte degli
eventi narrati, l’incantevole isola di Procida.
Posta
nel bel golfo di Napoli, l’isola gode di un paesaggio incontaminato di rara
bellezza, che fa da sfondo alla storia, donando ai personaggi momenti magici,
irriproducibili altrove. Ma è la qualità di questa relazione, piuttosto
inedita, che conferisce particolare preziosità al racconto, esprimendo il senso
elevato di un sentimento dalla forza irresistibile che non conosce ostacoli.
“Omnia vincit amor” direbbe Virgilio.
Eppure non renderei giustizia al libro se non
sottolineassi che tale profondo significato viene esaltato dall’ambiente
naturale ed umano che la sapiente mano dello scrittore, con felice connubio,
unisce in splendida armonia. Un “locus amoenus” di virgiliana memoria, lontano
dalle tensioni del mondo cittadino, regala ai protagonisti momenti di pace e di
serenità, da cui anche il lettore viene coinvolto. Ma questa è solo una parte
dell’ambientazione della storia.
I due hanno una vita difficile che si snoda
fra l’Italia e la Francia e l’autore sa entrare con discrezione e con
delicatezza nella loro psicologia, cogliendone la variegata gamma di stati
d’animo e di sentimenti e provocando, nel lettore, un'intima partecipazione. A
volte a prevalere è la gioia, altre volte il dolore o la delusione, l’amarezza,
ma anche un senso di pace, d’infinito e di bellezza. Amarezza quando, ad
esempio, ai due viene negato un meritato riconoscimento per i loro rispettivi
lavori, o dolore per le inevitabili separazioni, sia quando esse siano
determinate dalla distanza fra i loro luoghi di abitazione, sia quando a tenerli
lontani è la guerra o qualche incomprensione. Segue, più intenso, il ritrovarsi
e di nuovo le due vite s’intrecciano, scandite da tutti gli eventi esterni che
caratterizzano i loro tempi, compresi la guerra, il dopoguerra e perfino i
rivolgimenti del sessantotto. Marino e Juliette sono persone colte e fra i loro
contatti ci sono letterati famosi, come Alba de Céspedes e Aldo Palazzeschi,
con i quali si stabilisce un rapporto di vera amicizia.
Un fondamentale
punto di forza del racconto è la forma, in gran parte, epistolare con cui
avviene lo scambio fra i due e in cui “si materializza” il loro
rapporto, come dice Marino. Un terzo interlocutore è Palazzeschi. La forma epistolare,
per sua natura diretta, permette di rivelare l’interiorità dei protagonisti,
che non esitano a mettere a nudo la propria anima con slanci di autentica
sincerità, delicatezza e stima reciproca.
Gli argomenti delle lettere non toccano solo
la sfera interiore, ma anche i molteplici aspetti e le vicende della loro vita,
che danno l’occasione agli interlocutori di esprimere la propria opinione su
svariati argomenti. E’ la volta in cui, a proposito della produzione poetica di
Marino, non sempre apprezzata dalla critica, Juliette esprime la convinzione
che il tempo darà ragione allo scrittore, perché “la poesia, quella vera, è
l’anima del mondo, ed essa illuminerà l’oscurità della storia.”
Bisogna
ammettere che l'elemento trainante e il più forte in questo rapporto, è
Juliette. È lei che decide di trascorrere le sue vacanze in Italia per stare
più vicino a Marino e, dopo attenta ricerca, sceglie l'isola di Procida, perché
fuori dai consueti itinerari turistici. Qui vive in una piccola abitazione
presa in fitto, in località poco frequentata dell'isola, chiamata Punta
Pizzago, immersa in una natura selvaggia; conosce la gente semplice del posto,
non di rado diffidente nei confronti dei turisti che turberebbero la loro
quiete. Non è il caso di Juliette, che viene ben accolta e poi amata dai
procidani. Ed anche lei si lega alla gente del luogo e finisce per prendersi cura
di una ragazza orfana di nome Caterina, portandola con sé anche quando
ritornerà definitivamente a Parigi
Nell’isola Juliette riceve Alba de Céspedes, alcuni amici e qualche parente, fa lunghe passeggiate, da sola o con Marino, raggiungendo spesso la costa per farsi inebriare dal profumo del mare e intravedere, in lontananza, l’isola d’Ischia. Non la lasciano insensibile neppure i problemi dei procidani, tanto da prendere parte ad alcune loro lotte civili, finendo con il consegnarci uno spaccato umano della storia dell’isola.
Il
ricco epistolario ci restituisce tutta l’unicità di questa coppia, la
positività e la bellezza di un rapporto in cui si esprime una capacità di amare
che riesce a superare l’invalicabile steccato dei “limiti posti dalla natura
e che si frappongono agli slanci” come dichiara candidamente Marino a
Juliette facendole questa dolorosa confidenza. Ma ciò non le impedisce di
amarlo teneramente e di fargli sentire l’infinita dolcezza e tenacia del suo
amore, sorprendendolo quando, alle legittime obiezioni dello scrittore, risponde:
“Che importa Marino, che importa, siamo qui, tu ed io, da soli a goderci
tanta bellezza “.
A
Juliette capiterà spesso di ripetere questa frase a testimonianza di un amore
vero anche se insolito, perché se da un lato è sublimato e quasi del tutto
ideale e spirituale, dall’altro è sostanziato da non pochi momenti d’intimità e
da una piena condivisione di vita, tanto che le separazioni dovute a
incomprensioni sono causa di profondo turbamento per entrambi. Juliette si
sente oscurare l’animo. È tale
l’amarezza che prova in una di queste separazioni da trascurare il lavoro e da convincersi
che lui si sia stancato di lei. Si riprende solo quando le arriva una lettera
di Marino. “L’aprì:” Cara Juliettte…” Non ce la fece a continuare. Il
cuore sembrò impazzire, l’animo si illuminò come dinanzi a un bel sole.” Se
per Juliette questo rapporto è la salvezza in tanti momenti tragici, per Marino
è fonte di vitalità, dunque irrinunciabile per entrambi che, da soli o con
l’aiuto di qualche amico come il Palazzeschi, fanno di tutto per superare
gl’inevitabili equivoci.
Ma
quanta sapienza e ricchezza di vita ne scaturisce!
A
riprova e suggello di quanto detto, riporto un passo dell’ultima lettera di
Juliette, mai spedita e ritrovata tra i suoi appunti da Caterina, dopo la sua
morte avvenuta a Parigi nel ’73.
“Vivere
la vita, forse è stata questa la mia fede. Tanti i capitoli ma il più bello è stato
l’ultimo, quello vissuto con te nell’isola. Spesso in questi mesi sussurro il
tuo nome e ti rivedo amabile, infinitamente tenero e, sapendo della tua natura
scontrosa, te ne sono profondamente grata. Più volte abbiamo messo alla prova
il nostro rapporto, soprattutto quando i fantasmi della diversità e i nostri
limiti hanno minato l’intesa che ci aveva reso felici. Un’amicizia provata ma
rinata sempre con maggior vigore. Possiamo ben dirlo, l’amicizia è vera se
accoglie in sé anche quello che dell’amato non abbiamo scelto, che ama anche
l’ombra, la tristezza, il dolore e il limite, la diversità…in questo penso che
sei stato per me il mio maestro.”
Concludo
ribadendo i pregi del romanzo: lo stile narrativo fluido e gentile,
immaginifico eppure aderente alla verità, la forma epistolare e la scelta della
storia con la sua speciale ambientazione e i cui personaggi, pur dovendo fare i
conti con i limiti propri di ogni essere umano, manifestano, in special modo
Juliette, rare qualità umane, che elevano lo spirito di chi legge.
Potenza
30/07/ 2020
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