Procida capitale della cultura, CROCEVIA DI CIVILTA'

Procida Corteo del Venerdì santo



Procida è stata da sempre città  in cui si sono addensati processi sociali, storici, economici e culturali tali da caratterizzare il suo territorio come crocevia di civiltà.
Infatti l’isola,  contenente anche nel proprio territorio l’isolotto di Vivara, pur nelle sue ridotte dimensioni geografiche è stata da sempre , per la posizione strategica che occupa nel Mediterraneo, intersecata da correnti culturali e storiche di notevole portata che ne hanno caratterizzato lo sviluppo di essa ed  anche del territorio circostante.
Propaggine emersa dei Campi Flegrei , essa  è uno dei pochi posti al mondo  in cui si sono ritrovate tracce della civiltà micenea nell’isolotto di Vivara.
Sempre a Vivara, oasi di protezione naturale,  studi naturalistici sulla flora e fauna hanno permesso di individuare specie in estinzione della macchia mediterranea e offerto specifiche conoscenze sulle migrazioni degli uccelli che sostano  sull’isolotto nei loro spostamenti.
Accertata la presenza  sull’isola degli influssi della civiltà della magna grecia e di un rapporto diretto con la città di Cuma e con tutto il litorale flegreo e le isole partenopee.
Sulle tracce del viaggio di Ulisse più volte Procida è stata considerata la probabile isola di Nausica, come pure il nome Procida discenderebbe dal nome della nutrice di Enea che, morta durante il viaggio,  fu sepolta sull’isola.
Studi più recenti individuano in Procida il luogo ameno dove i romani inviavano quei cittadini esauriti  per recuperare integrità fisica e psicologica.
I prodromi della civiltà cristiana sono da attribuirsi all’apostolo Paolo che ne suo viaggio verso Roma si fermò a Pozzuoli e inviò  un gruppo di cristiani nell’isola per una missione di evangelizzazione.
Già da questi pochi accenni si può considerare Procida “isola non isola” pienamente immersa nella storia del tempo e in stretto contatto con le realtà circostanti.
Se poi leggiamo la storia  prima e dopo Cristo vediamo Procida sempre al centro di eventi importanti e significativi.
Feudo ambito ebbe rapporti commerciali con paesi  stranieri e  vide affacciarsi sul proprio territorio personaggi storici di ogni epoca.
Fin dall’epoca delle Repubbliche marinare Procida offriva alla marineria di Amalfi un gran numero di velieri costruiti nei cantieri che erano nati sull’isola.
IL Prof. Giuseppe Di Taranto registra  una presenza cantieristica molto alta nel 500 e uno sviluppo della marineria di notevole portata.
Con la presenza dei D’Avalos sull’isola si poté assistere ad uno balzo di qualità dal punto di vista culturale e urbanistico, con la nascita dell’imponenete cattedrale e dell’importante palazzo  oltre alla fortificazione della Terra Casata per la difesa dalle aggressioni barbaresche che ancora infestavano il Mediterraneo
Palazzo D’Avalos divenne poi Palazzo reale e in esso dimorarono non solo i regnanti del regno delle due Sicilie ma anche tutti i più grandi personaggi della storia che avevano rapporto con Napoli.
Nel 1744 Procida fu dichiarata bene esclusivo del Regno e primo sito reale.
La flotta del regno trovò in Procida un avamposto di eccezione, come pure alto fu il numero dei sacerdoti legati fortemente allo Stato Pontificio.
Nel 1617 nasceva il Pio Monte dei Marinai una sorta di istituto di assistenza per aiutare le famiglie dei marinai e per il riscatto dei procidani rapiti dei saraceni.
Dopo la forte scossa della rivoluzione francese anche a Procida  ci furono le prime avvisaglie di un movimento repubblicano che coinvolse alcuni sacerdoti tra i quali il curato dell’isola e Marcello Eusebio Scotti che aveva donato all’Italia il primo importante Catechismo Nautico.
Quando il Re Borbone ritornò a Napoli insieme agli inglesi,  decise di far pagare ai procidani l’infedeltà con un grande numero di vittime, anche per intimidire  tutti i focolai repubblicani che s’erano accesi in quegli anni.
Procida divenne il primo simbolo della restaurazione borbonica con 16 impiccagioni e centinaia di famiglie in esilio.
La destinazione del Palazzo reale prima a caserma e poi ergastolo  nel 1830, segnò dolorosamente la vita dell’isola ponendola ancora una volta al centro della realtà giudiziaria.
Il Re nella sua visione restauratrice voleva trasformare tutta l’isola in grande ergastolo del regno. Ma la storia deviò questo  progetto. Rimase il grande carcere nel Palazzo d’Avalos che fu chiuso solo nel 1985.
Con la crisi della marineria a vela, a fine ottocento, Procida chiuse i suoi cantieri e inaugurò uno dei primi istituti nautici italiani per formare  una classe preparata di comandanti e direttori di macchine per la marineria a motori, dando così dato alla Marina Mercantile  valenti e coraggiosi marittimi.
Nel 1820 il poeta francese Lamartine che lavorava nell’Ambasciata francese a Napoli conobbe Procida e nel 1851 pubblicò il romanzo Graziella ambientato sull’isola. IL romanzo ebbe un grande successo e fece conoscere Procida a molti cittadini francesi e tedeschi e inglesi.
I primi turisti europei che raggiunsero l’isola furono proprio i francesi che volevano conoscere l’isola descritta nelle pagine di Lamartine.
Con il romanzo L’isola di Arturo di Elsa Morante  del 1957 la conoscenza dell’isola si ampliò e da quel momento cittadini di ogni parte del mondo hanno toccato l’isola portandovi la loro esperienza. Molti di essi hanno voluto abitare l’isola.
Negli anni 80-90 Procida divenne poi sede del Collegio dei traduttori letterari d’Europa e molti traduttori di ogni nazione hanno soggiornato sull’isola per tradurre i più importanti autori italiani: Ginzburg, Moravia, Morante , Sciascia, Eco, Pratolini, Landolfi e tanti altri.
Il prestigio culturale di Procida  crebbe con l’Istituzione del Premio nazionale “Procida - Isola di Arturo - Elsa Morante” e del Parco letterario Elsa Morante.
In questi ultimi anni ha preso il via il progetto culturale e formativo di educazione alla lettura, con le scuole, sempre nel nome di Elsa Morante: “Procida-Il mondo salvato dai ragazzini” con la presenza sull’isola dei più importanti scrittori per ragazzi.
Le università italiane hanno poi da sempre avuto un rapporto privilegiato con l’isola realizzando in loco scuole di formazione e laboratori di ricerca in vari campi  
Per concludere:
Certamente il mare da sempre è stato via di collegamento e flusso vitale di  civiltà e culture, aprendo così la visione dei procidani ad altre culture e facendo del cittadino dell’isola un cittadino del mondo.
Oggi l’isola conserva  ancora questa grande attenzione al mare, ed è tra i soggetti proponenti il Parco di Nettuno, una grande opportunità per difendere i nostri mari dall’aggressione estiva dei motoscafi ma anche per difendere la flora e la fauna marina.
Grande attenzione alla conservazione di tradizioni antiche che segnano la vita dell'isola in una forte aggregazione sociale e culturale come il Corteo del Venerdì santo del Cristo Morto.
Inoltre si riscontra nei procidani la consapevolezza di una vocazione sociale unica: essere aperti al mondo e non chiusi in se stessi. Infatti nei secoli l’isola fu grande proprio grazie a questa apertura. Isola accogliente, approdo sicuro ha saputo sempre integrare  gruppi etnici provenienti dall’esterno che sull’isola hanno cercato una dimora.
Qualcuno potrebbe obiettare:  ma su quest’isola nel tempo presente non esistono problemi? Non si soffre come si soffre altrove.?
Niente affatto. Procida proprio perché aperta  incontra il positivo e il negativo che è presente ovunque e anche oggi ci sono problemi da risolvere e  segni di una negatività. Come nel passato tra l’altro.
Ma c’è oggi nella coscienza del procidano questa capacità di guardare dentro la realtà e trovare soluzioni. Ciò è frutto della sua storia millenaria. 
Non possiamo dimenticare il coraggio dei nostri avi che seppero reagire alle invasioni barbaresche alle impiccagioni borboniche all’esilio delle famiglie ai rapimenti, alla crisi della marineria.
Oggi come ieri Procida cerca di trovare in sé, in questa sinergia nuova nata con il territorio vicino, con il collegamento con le isole minori e con l’Università, quelle risorse umane e spirituali per continuare ad essere come nel passato paradigma sociale di convivenza civile fra culture ideologie e convinzioni diverse.
Pasquale Lubrano Lavadera

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