DON MICHELE AMBROSINO: UN UOMO, UN PRETE

 



Vi confido che non mi è facile raccontare di Don Michele perché, come a tantissime altre persone , Don Michele “manca” e la sua assenza in certi momenti si fa sentire tanto. Manca il suo sguardo, perspicace e dolce insieme, che sbucava rapido dai suoi occhi azzurri e limpidi, raggiungendo il cuore con naturalezza; manca il suo ascolto attento e il suo sorriso paterno, come la gioia che manifestava quando  incontrava le persone, soprattutto se non le vedeva da  un po’ di tempo, curioso di sapere come andavano le cose. Negli ultimi tempi si dispiaceva di non poter più fare agevolmente il tratto a piedi, andata e ritorno, dalla sua abitazione al Santuario. E sapete perché? Perché,  diceva, non poteva accontentare i tanti che, lungo quel piccolo tratto, amavano fermarsi un po’ con lui, fargli una confidenza, sentire una parolina di incoraggiamento, sentirsi chiedere del figlio, del marito, del fratello... Don Michele, infatti, nonostante il carattere talvolta schivo e riservato,  ci teneva invece tanto per il rapporto personale; “a tu per tu” manifestava accoglienza, premura, vicinanza, non faceva mai mancare  un  consiglio e, quando necessario, anche una parola di correzione o di incoraggiamento.  Lo si incontrava volentieri per il tratto affabile e cordiale e perché gli si poteva parlare di tutto, dell’attualità come della storia, di politica come di poesia,  di quotidianità, trovandolo sempre pronto a qualche osservazione arguta, comunque mai scontata. La gente era contenta anche solo di sapere che lui c’era, a casa o in Santuario,  quasi come il saggio vegliardo e buono che custodiva tutti come il “suo” San Giuseppe. Negli ultimi tempi, poi, alternava ‘casa e Chiesa’. Qui si metteva tra i banchi e si raccoglieva in preghiera;  di tanto in tanto confessava qualcuno, poi leggeva un po’,  oppure accoglieva chi gli veniva a chiedere un aiuto, spesso anche economico. 

Don Michele  era un pastore buono e attento, a volte un po’ testardo,   ma cercava davvero di seguire tutti, con un occhio sempre attento ai ‘lontani’; un sacerdote, vero uomo di Dio, con una spiritualità robusta e una devozione illuminata e tenera, attento alla religiosità popolare anche se con grande spirito critico, soprattutto contro tutto quello che sapeva di  ritualismo disincarnato. La spiritualità coltivata e praticata negli anni, era il vero “motore” della sua vita; aveva uno ‘spirito di preghiera’ essenziale, senza fronzoli,  quasi una ‘mistica del quotidiano’ che  attingeva soprattutto all’Eucaristia celebrata,  ma anche all’Eucaristia adorata  il giovedì insieme alla sua gente, come anche  nelle lunghe soste in Chiesa davanti al tabernacolo. Una spiritualità radicata fortemente nella Parola di Dio che risuonava nelle  omelie gustose e sapienzali;  una spiritualità che traspariva anche  nel suo personalissimo e tenero amore alla Madonna e a S. Giuseppe. Conosceva bene la vita dei Santi, si nutriva della loro testimonianza e dei loro insegnamenti, sapendone  tradurre il messaggio anche per l’oggi, evitando enfasi e sdolcinature, bensì proponendoli come esempi di vita e “amici” da frequentare.  

Molto di lui mi è rimasto dentro, soprattutto la consapevolezza di un padre misericordioso che ascolta, indirizza e perdona. Ricordo soprattutto il suo talento nel raccontare le cose di Dio, arrivando a toccare i cuori di tutti, i semplici e gli istruiti.  Don Michele attraeva perché era autentico, era coerente e quando stavi con lui il cuore si pacificava. Era un uomo attento, delicato, amava la chiarezza e rifuggiva il compromesso. Era un uomo vero”, dice di lui una cara amica sua parrocchiana e figlia spirituale.

Già in vita, ma a maggior ragione dopo la sua morte, è apparso chiaro  che Don Michele è stato tra coloro che maggiormente hanno inciso nella vita ecclesiale e  sociale dell’Isola. Prova ne è anche il  fatto che il Comune, interprete dell’intera cittadinanza, gli ha intitolato sia la Biblioteca Comunale, che il plesso della Scuola Elementare ubicato nel territorio parrocchiale.

         Nato a Procida il 10 marzo 1924, dopo gli anni della formazione presso il Seminario di Napoli, è stato ordinato prete il 31 maggio 1947. Da giovane per  nove anni svolgerà il suo ministero principalmente a Napoli,   insegnando religione nel prestigioso Liceo “Genovese” e   come Sacerdote Assistente di Azione Cattolica.

Il   3 giugno 1956 il Cardinale Mimmi viene sull’isola e  lo nomina Parroco di S. Giuseppe alla Chiaiolella. Il giovane prete si distingue subito per il carisma di educatore, sia in Parrocchia che nella scuola, dove per lunghi anni sarà presente come insegnante di religione:   lo chiamano “ Don Bosco”.  Mette su la Sala Parrocchiale “Pio XII”,  dove  in breve raduna tanti giovani, di cui scopre, suscita e valorizza i talenti, rendendoli protagonisti di attività culturali, teatrali, educative, spirituali, caritative e ricreative.

Il giovane parroco, poi,  in poco tempo   pubblica un “Bollettino” annuale denominato poi “Il Campanile di S. Giuseppe” ;  dal “Campanile” guarda lontano e scrive ai figli e alle figlie di Procida,    emigrati in Francia, in America, in Australia o in tante città e provincie dello stivale. Il “Campanile” è pubblicato tutt’ora e fa cogliere l’intelligenza pastorale e spirituale di Don Michele, ma costituisce anche uno strumento  per osservare i progressi, i regressi, le trasformazioni di un’isola e delle sue “grancìe” (quartieri),  sia sul piano ecclesiale che su quello civile, economico e politico.  

Con il “Campanile”, però, egli intende soprattutto diffondere e contagiare  l’amore e la devozione a San Giuseppe. Del “Custode del Redentore” don Michele è “studioso  innamorato e devoto appassionato”, secondo la felice e sintetica espressione che Don Giuseppe Costagliola, il più ‘giuseppino’ del gruppo di preti della sua “scuola”, gli dedica sulla sua tesi di baccalaureato su S. Giuseppe. Anche prestigiose riviste internazionali conoscono e citano il ‘Bollettino’ e teologi  del calibro del Padre Tarcisio Stramare morto di recente, accettano volentieri di venire sull’Isola per conoscerlo direttamente e dare il loro apporto alla spiritualità giuseppina che va sempre più radicandosi, con le sue molteplici sfaccettature anche sociali : attenzione alla famiglia, all’educazione, al mondo del lavoro etc. Don Michele  nel settembre del ’97 sarà invitato  a Malta a tenere una relazione ad un Convegno internazionale su S. Giuseppe sul tema:  Incremento in Italia della devozione a san Giuseppe nei secoli XIX e XX”. La gioia più grande, però, l’aveva avuta quando il Cardinale Giordano nel 1990 aveva eretto la Parrocchia di S. Giuseppe alla Chiaiolella a Santuario Diocesano, sigillando autorevolmente un percorso pastorale bello e avvincente di una Comunità e del suo pastore.

Nel 1959, da tre anni Parroco,  ecco un’altra scelta lungimirante e innovativa: Don Michele inventa ed inaugura la “Fiera del Libro delle Ore Serene”,  poi denominata  Fiera del Libro” . E così, pioniere assoluto in un’atmosfera talvolta sonnecchiante,  anima la vita culturale dell’Isola: non solo la “Fiera” diventerà un punto qualificante della pastorale estiva della Comunità, ma sarà un’occasione preziosa per  la diffusione del pensiero e della cultura cristiana, con un’ attenzione crescente al dialogo con la cultura laica, anche non credente. Negli ultimi trent’ anni “la Fiera” – giunta alla sua sessantesima edizione - , fa un ulteriore salto di qualità:   “chiama” sull’Isola  scrittori o personalità di spicco nel panorama ecclesiale e culturale italiano, promuovendo dibattiti di grande livello su tematiche religiose e di attualità (solo per ricordare alcuni nomi: Mons. Bettazzi,  Mons. Riboldi, il giornalista del “Mattino” Paolo Giuntella, il giornalista di “Repubblica” e scrittore Domenico Del Rio, l’allora Don Bruno Forte, attuale arcivescovo di Chieti,  Padre Bartolomeo  Sorge, il Prof. Geraci, biologo di fama internazionale, Padre E. Balducci, Italo Alighiero Chiusano, il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio, il direttore di “Famiglia Cristiana” don Sciortino, don Maurizio Patriciello, lo psicologo e scrittore Carlo D’Angelo, e tanti altri ancora). La “Fiera del Libro” fa la scelta, poi, di evidenziare anche i tanti scrittori procidani,  alcuni dei quali  discepoli ed estimatori o amici di lunga data di Don Michele, (Pasquale Lubrano, Francesca Borgogna, Giacomo Retaggio…); anche scrittori  napoletani che scrivono su Procida e chiedono di presentare i loro libri proprio alla “Fiera” .

Le tante iniziative culturali intraprese sono il frutto di un’intelligenza e di una preparazione non comune, coltivata negli anni e sempre attenta anche alle provocazioni di voci ‘scomode’, dentro e fuori la Chiesa. Leggeva  tutto quanto lo tenesse ben radicato al presente, all’attualità della vita del mondo e  della Chiesa, della riflessione teologica, di quanto potesse riguardare la vita dell’Isola e degli isolani, senza mai perdere di vista le orme del passato e gli squarci che aprivano il futuro.

Più volte Decano di Procida, diventa vera autorità morale e spirituale di Procida. Era impossibile non confrontarsi e, talvolta, anche scontrarsi con lui; del resto  amava e cercava egli stesso la discussione  franca e libera ed ogni occasione era buona per portarla sempre ad un certo livello di profondità. Anche negli anni della sua vecchiaia non c’era attività culturale dell’Isola che non fosse da lui partecipata attivamente, proponendo sempre uno sguardo di fede arguto e sapienziale. Uomo del Concilio, grande innovatore  nell’azione pastorale, anche quando c’erano resistenze rispetto al suo passo spedito, aveva davanti a se come preti ispiratori  don Milani,  don Mazzolari, Don Bosco,  alla cui scuola appassionava anche il nostro giovane cuore di seminaristi e  preti. Uomo del dialogo,  assai apprezzato dai turisti e da quanti, anche non credenti, avevano modo di incrociarlo sulla loro strada, trovandolo acuto ed intrigante interlocutore. Don Michele credeva fermamente nella valorizzazione del laicato e ne promuoveva collaborazione e corresponsabilità, con un’attenzione particolare al ruolo della donna nella vita della Chiesa.  Spingeva  i cristiani, soprattutto giovani, a coinvolgersi nell’impegno sociale e politico alla luce dell’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa. Tanti sono stati quelli che, educati alla sua scuola, hanno assunto anche posti di responsabilità politica e amministrativa a Procida e oltre. Ha sempre combattuto il clericalismo e il campanilismo ed è stato certamente colui che ha intravisto, proposto e favorito  una pastorale unitaria che riguardasse tutta l’Isola e non la singola Parrocchia: preparazione al matrimonio,  incontri interparrocchiali per la formazione dei Catechisti, ma soprattutto la creazione della Caritas isolana, sono solo alcuni segni concreti di questa sua lungimiranza, dell’attenzione formativa e del suo interessamento per i poveri, specialmente presenti in alcune famiglie disagiate e tra il  crescente numero di migranti venuti sull’isola come badanti o per coltivare gli orti altrimenti abbandonati.   

Evangelizzatore e catecheta a tutto spiano era capace di proporre “Prediche senza pulpito  anche in piazza, come lungo la strada. Restano famosi, e sono raccolti in un libro, molti dei suoi discorsi alla città tenuti al termine delle Processioni isolane del “Corpus Domini” . Don Michele  sapeva mettere insieme “ la Bibbia e il giornale” (K. Barth), i detti filosofici e la cultura popolare,  l’arte - soprattutto la letteratura - con la teologia e la spiritualità: pregevoli, per esempio, alcune sue “novene” all’Immacolata dove la predicazione attingeva , per esempio,  a quello che di Maria avevano detto i massimi scrittori e poeti italiani. 

Uomo dal profondo senso ecclesiale, obbediente, ma dalla coscienza libera e responsabile,  Don Michele era consapevole delle sue doti e qualità, ma restava sempre umile e non ha mai cercato di emergere o di fare carriera.  Dialogava criticamente  con le istituzioni pubbliche, forte della autorevolezza acquisita, del radicamento evangelico e nel Magistero Sociale della Chiesa. Don Michele aveva una parola saggia anche sulle problematiche più recenti e delictate relative alla bioetica. Sulla pastorale familiare aveva avuto anche una coraggiosa evoluzione, passando da posizioni del passato in talune occasioni un po’ rigide, a posizioni che intravedevano  in anticipo quanto Papa Francesco avrebbe poi sancito autorevolmente in “Amoris Laetitia” (es. sulla questione dei divorziati , dei divorziati risposati,  e delle condizioni circa la possibilità di accesso ai Sacramenti).

Don Michele è stato un uomo, un cristiano e un prete fino in fondo, suscitatore con la sua testimonianza di vocazioni di ogni genere, ma soprattutto al sacerdozio. Anche per questo, durante  il Rettorato di Don Filippo Luciani, venne chiamato come Confessore in Seminario e per qualche anno anche come Animatore dei Diaconi: Don Michele in tutti ha lasciato un ricordo ricco di gratitudine e di ammirazione. La sua presenza in Seminario è un po’ come a sigillo della sua attenzione alle vocazioni sacerdotali: in 6 siamo frutto della sua preghiera, come lui stesso confidò timidamente negli ultimi anni della sua vita, e della sua testimonianza sacerdotale. 

Un ultimo aspetto vorrei ricordare: Don Michele è stato anche un fecondo scrittore. “Per don Michele scrivere è un bisogno vitale, quasi come il respiro, il suo modo naturale di pensare, di comprendere, di cercare continuamente il senso delle cose ...I motivi della sua riflessione sono numerosi e vari…ma tutti sono proiettati sempre in quest’unica luce: “tutto esiste per aiutare l’uomo a raggiungere la sua unione con il Creatore e Signore della sua vita” (Prof. Don Antonio Terracciano). Ha scritto tanto anche sui giornali delle isole di Ischia e Procida. Altri scritti negli anni li abbiamo raccolti  in diversi volumetti, fonte preziosa di pastorale e spiritualità. Ma Don Michele  ha scritto soprattutto intorno a quelli che sono stati i suoi   ‘grandi amori’ come ama dire Don Giuseppe Costagliola.

Così scrive “Chi è San Giuseppe” (prima ed. 1972; 4 ed. 1991),  un vero e proprio ‘catechismo’ su san Giuseppe, in prospettiva biblica, teologica ed esistenziale. Nel 1980 pubblica   Anche morire è vivere” dove, come scriverà il noto scrittore napoletano Mario Pomilio nella prefazione,  emergono “momenti di vita spirituale, reazioni, bagliori, intuizioni, riflessioni d’un uomo impegnato nel ministero del sacerdozio e, soprattutto d’un uomo il cui problema e il cui assillo è presentare in giusta luce il nodo centrale del Cristianesimo, il mistero della croce, a un mondo come il nostro” . E poi nel 1997 “Battesimo, Eucaristia, Cresima: tre isole”, per una formazione dei catechisti”. “ Pagine,  scrive l’allora Vescovo Ausiliare di Napoli  Mons Di Donna nella prefazione,  che trovano il loro significato “nella sollecitudine di un pastore per il suo popolo, perché la sua fede sia adulta e matura…”; un volume – continua  Mons. Di Donna - ,   dove si evidenzia l’importanza di lavorare sui ‘contenuti’ della fede, la centralità della catechesi agli adulti,  il tentativo di superare una catechesi “a tappe”, quella delle ‘tre isole’, appunto, che rendono sterile il cammino” chiudendolo nei tre famosi traguardi del battesimo, della prima comunione e della cresima. E poi conclude sinteticamente il Vescovo: catechesi e testimonianza,  ecco evidenziato l’insegnamento di queste pagine.  

Nel 2003 esce   Un solo grande amore”: Maria, stella della Chiesa…”  e l’ecclesiologo napoletano don Antonio Terracciano nella prefazione scrive così:  “In quest’ultimo libro, don Michele ha scoperto come un nuovo disegno su cui collocare i frammenti che nutrono la sua ricerca di unità... Si tratta di Maria di Nazareth, sorella nostra e madre nella fede…” alla cui luce  leggere e meditare sull’esistenza cristiana  nei suoi aspetti fondamentali, in cui frammenti, domande, pensieri, inquietudini e speranze si ricompongono nell’unità semplicissima e luminosa della nostra vocazione”

Nel 2009, ormai già ottantacinquenne, scrive Non cancellate le orme e  Don Francesco Asti, teologo e attualmente vicepreside della Facoltà Teologica, lo presenta così : “Il libro di Mons. Ambrosino è l’appassionata ricerca di Dio vissuta in un cuore di sacerdote che, insieme al suo popolo, si interroga dove si sia diretto Gesù... Porta alla mente affari di cuore, meditando al fine di trovare quel segno lasciato da Cristo per seguirlo nuovamente. Mette insieme storie antiche e nuove, raccorda la Parola di Dio, la liturgia e il vissuto del popolo per trovare la strada maestra che porta a Cristo. In questo atteggiamento è profondamente mariano, anzi unisce la capacità della Vergine che cerca la volontà di Dio Padre e la passione di Giuseppe che alla parola dell’Angelo in sogno si muove per realizzare il nuovo Israele…Un grazie ad un parroco profondo che sa unire la pietà popolare alla liturgia, la storia al futuro, l’esperienza di Cristo alla vita del suo popolo

Come san Giuseppe, sposo vergine e fecondo della Chiesa, padre ed educatore fermo e amorevole, Don Michele lascia una eredità ricchissima, ancora tutta da esplorare e  che sarà sicuramente ispiratrice di tanti suoi discepoli di ieri e di oggi, come  di tanto altro ancora, a partire dal suo ricordo vivo, ancora presente e dai suoi numerosi scritti.

Mi piace concludere questo profilo con le parole che il Cardinale Sepe pronunciò in una breve, intensa  e spontanea  intervista sul traghetto della Caremar , mentre veniva a celebrare una Messa di suffragio  qualche giorno dopo la sua morte.

“Devo dire che ho avuto tante occasioni di incontrare e parlare con Don Michele. L’impressione avuta è stata quella di un sacerdozio incarnato fortemente in tutta la realtà,  non solo isolana, ma in tutte quelle espressioni che sono tipiche della realtà nella quale si vive e che esprimono non solo l’autorevolezza dell’uomo, ma anche di un maestro che ha saputo comunicare con semplicità, con umiltà il Cristo incarnato, il messaggio, il Vangelo, la Parola di Dio incarnata, prediligendo naturalmente alcuni aspetti che sono poi parte integrante della sua vita culturale ma anche sacerdotale: così la devozione alla Madonna, la devozione alla Croce, quindi questa apertura alla sofferenza del mondo , degli uomini, della realtà e poi direi in primo luogo questa sua fondazione, quasi,  di una spiritualità che ha valicato anche i confini dell’Isola, su San Giuseppe, tanto da farne come un faro dell’isola di Procida che ha irradiato questa spiritualità un po’ in tutta Italia e anche fuori dell’Italia. L’autorevolezza sacerdotale, umana, culturale di questo nostro sacerdote diventa anche per tutta la Diocesi un punto di riferimento per imparare come lui ha saputo vivere e incarnare il sacerdozio di Cristo in mezzo a noi. Abbiamo bisogno di esempi e non bisogna disperdere questa eredità spirituale che ci ha lasciato questo grande sacerdote perché è dall’insegnamento  che noi abbiamo ricevuto che  possiamo migliorare e quindi vivere anche noi il nostro sacerdozio e la nostra fede cristiana.”

         Don Lello Ponticelli, Padre Spirituale del Seminario Maggiore di Napoli, “A. Ascalesi”

 

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