Intervista a Margherita De Rubertis Ambrosino
Una giovane Margherita De Rubertis
“Il grande valore degli antichi costumi”
Intervista a
Margherita De Rubertis Ambrosino
Ore 7,00 del mattino di una
giornata dell’estate procidana 2012. Pizzaco e la Chiaia. Ti affacci al tuo vefio
sul mare. Vista dall’alto la Chiaia sembra un’agorà. Una splendida insenatura per
custodire Mimante, il gigante buono che secondo il mito è sepolto nelle sue
acque. Nulla sembra essere cambiato. Il castello d’Avalos resiste ai secoli e
Pizzaco racconta la storia della sua Graziella. Solo lo sfregio di un’edilizia
impietosa che ingoia il verde dei limoneti. Anche Margherita, con la sua bella
casa quasi a ridosso della Chiaia, è là,
donna fedele all’antico rito di bagnarsi all’alba per godere fino in fondo
l’incontro con il suo mare. Con lei qualche amica, per un appuntamento che si
ripete da sempre.
Margherita De Rubertis Ambrosino.
Una procidana doc, ancorata alla tradizione, aperta al futuro. Una delle prime
e poche donne che nell’isola si sono finora impegnate nella vita sociale e
politica, abbattendo pregiudizi antichi che avevano condizionato la vita della
donna, destinata al focolare, al ricamo, al pianoforte, a farsi monaca di casa
o sposa in perpetua attesa di un marito navigante, che sarebbe tornato - semmai tornava - anche dopo due o tre anni.
Da quanti anni, Margherita, scendi in spiaggia così di buon’ora?
I suoi occhi procidani si
illuminano: “Da sempre”, risponde.
Questo scendere in spiaggia quando è deserta e risalire prima che venga
invasa dai bagnanti ha una ragione?
Mi dà una sensazione unica, come un incontro speciale. Siamo soli, io e
il mare. Con me soltanto qualche amica
che condivide questa esperienza.
Un’esperienza nella quale c’è la storia della donna procidana, di ieri
e di oggi, quando al largo della Chiaia passavano i bastimenti. Parlaci della
donna a Procida. Parlaci di te.
Era il 1939 e si celebrava a Procida la prima Sagra del Mare dopo gli
anni del Fascismo. Io avevo appena un anno. Fu la mia prima uscita in pubblico.
Indossavo un vestitino cucito e ricamato a mano con trine di Bruges. Ero felice.
Appartengo ad una famiglia di marittimi e ho sposato un marittimo, Luigi
Ambrosino. Abbiamo avuto quattro figli, due maschi e due femmine, e formato una
bella famiglia. Ma sentivo che qualcosa mi mancava. La possibilità di essere
utile anche fuori della mia casa, di partecipare, di mettere le mie risorse al
servizio degli altri. Mio marito, imbarcato su petroliere, era fuori per tempi
interminabili ed io ero sempre più ansiosa di partecipare alla crescita della
nostra piccola società isolana. Un sogno difficile per una donna procidana, ma
ci ho provato.
Come hai iniziato questa scalata al nuovo, pur rimanendo fedele alle
tradizioni e ai valori più profondi dell’isola?
Io, madre di quattro figli, dovendo anche fare le veci del padre in
navigazione, spesso mi recavo alle loro scuole. Erano gli anni dei Decreti
Delegati, che aprivano la scuola alla partecipazione delle famiglie. Questo mi
permise di rendermi conto di tante cose. Per esempio: perché ogni anno
procedere all’adozione di nuovi libri di testo e buttare via quelli appena
adottati, magari scelti appena l’anno prima? Sentivo di voler collaborare.
Entrai a far parte sia del Consiglio d’Istituto del Nautico di Procida che di
quello del Liceo di Ischia. Proposi la creazione di una libreria scolastica che
garantisse agli alunni, con un sistema di rotazione, l’uso dei manuali già adottati
da altri studenti. Fu una rivoluzione. Ma io, decisa e persuasa della bontà
dell’operazione, combattevo e … vinsi. Con me un gruppo altrettanto deciso di
mamme, a partire dalla carissima amica Carmelina Ingegneri. Poi, cominciai a
collaborare con l’A.I.C.S., grazie al dott. Vittorio Parascandolo,
indimenticabile nostro sindaco, e a sollecitare il C.O.N.I. per l’utilizzo
delle palestre scolastiche anche per attività esterne alla scuola.
L’impegno politico, un altro coraggioso passo della donna
procidana. Tu ne sei stata protagonista.
E’ stata un’esperienza vincente, ma anche deludente. Vincente, perché
mi sono candidata due volte e sempre con esito positivo. Deludente, perché
spesso le vie della politica non possono
coincidere con quelle di una donna partecipativa che si pone esclusivamente al
servizio della propria isola.
Hai altri interessi oltre quelli che ci hai narrato?
Mio zio, mons. Antonio De
Rubertis, curato di Procida e persona molto colta ma condizionata nella lettura
da una grave forma di diabete, a me ragazza chiedeva di leggere libri antichi, scritti
in volgare da amanuensi. Lo facevo volentieri e quelle letture sono state il
mio nutrimento. Adoro i mobili antichi e la nostra cultura isolana.
Ma sei anche una fedele custode della storia e dell’abito di Graziella.
A te ogni anno il compito di vestire una
Graziella per la Sagra del Mare. E le tue Grazielle hanno sempre vinto. Anche quest’anno con la splendida Assia. Ci dici qualche aspetto inedito
del costume ?
Sono convinta che i costumi originali non erano né arabi né bizantini,
ma spagnoli. Le cocciole ricamate in oro sono spagnole, come quelle dei toreri.
Torniamo ai giorni nostri. Come è cambiata oggi la famiglia procidana?
Oggi la famiglia, che prima era sacra e profondamente unita, non esiste
più. E questo dipende in gran parte dalle donne. Alle lunghe e pazienti attese di un tempo oggi si sostituiscono
incomprensioni e liti. Per motivi a volte futili la famiglia va a sfascio. E’
tempo di far riemergere i nostri valori, quali l’amore, la comprensione, la
fedeltà, gli affetti. Facciamoli riscoprire ai nostri compagni e ai nostri
figli.
Un progetto?
Sì, più che un progetto é un
sogno. Voglio istituire una scuola di ricamo. Farà bene alla donna, alla
famiglia e a tutta Procida. Un laboratorio di convivialità e professionalità
per insegnare alle nostre ragazze gli
antichi ricami in oro e le preziose cuciture dell’abito di Graziella. Sarò la
loro maestra.
a cura di Anna Giordano
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