"La lingua è nata qui" intervista a Ignazio Righi del Bar ROMA

Da sinistra Pasquale Mazziotta, Ignazio Righi,  Raffaele Solopaco e Michele Costagliola di Fiore

Ripresentiamo l'interessante intervista  a Ignazio Righi, che dal 2001 gestisce insieme a Michele Costagliola di Fiore l’affollato Bar Roma. Etica del lavoro e voglia di crescere hanno caratterizzato questi due giovani procidani, ex ufficiali di Marina Mercantile, che hanno investito nel commercio per essere più vicini alle  famiglie. Volevamo sapere qualcosa di più sulla “lingua” procidana, quel dolce sublime che attira procidani e turisti e che vanta numerosi e maldestri tentativi di imitazione.

Come nasce “la lingua”?
“La lingua” è nata qui, al Bar Roma, agli inizi degli anni ’60; a inventarla è stato Pasquale Mazziotti che un giorno utilizzò un po’ di sfoglia che gli era rimasta, la riempì di crema pasticciera e la infornò. Da un esperimento potremmo dire di “riciclo” è nato il famoso dolce procidano. Successivamente sono nate “le lingue” al limone, vero e proprio concentrato dei sapori e dei profumi locali.

Come mai la scelta di questo nome?
“La lingua” deve il  nome alla sua forma, che richiama la lingua del bue, col tempo molti l’hanno chiamata anche “lingua di suocera”.

Raccontaci del suo inventore, di Pasquale Mazziotti
Pasquale era ossessionato dalla “lingua”, ne sfornava a centinaia e non si fermava mai. “La lingua” era la sua vita, era diventata una mania e si doveva fare rigorosamente come diceva lui ( il panetto di burro messo in un certo modo, i tempi da rispettare altrimenti la sfoglia diventava “nervosa”). Ho lavorato con lui in pasticceria nel ’96 e ho visto con quanto amore le preparava.

Come avvenne il passaggio del Bar Roma alla nuova gestione?
Quando io e Michele decidemmo di  acquistare quest’attività Pasquale fu contento di cederla a noi, anche per il rapporto di parentela che mi lega alla moglie. Pasquale gestì il bar fino al 2000, poi ci fu un periodo di chiusura dal settembre 2000 a febbraio 2001 e da allora iniziammo la nostra attività. Pasquale ci è stato vicino un paio di mesi, ci ha guidati, è stato una persona splendida a cui ho voluto molto bene. Abbiamo ristrutturato i locali invertendo il laboratorio con lo spazio vendita per avere l’affaccio sulla piazza. Molto dobbiamo alle idee e al gusto estetico di zio Ciro: fu lui a suggerirci di prendere il locale che all’epoca era in una fase calante e a cui abbiamo dato nuova vita. Alla Marina si è creato un effetto a catena: il primo a rinnovare è stato il GM, poi noi, poi il Cavaliere, il Bar Grottino e il Capriccio. Ci siamo influenzati positivamente a vicenda.

Quante “lingue” vendete al giorno in estate?
Sul weekend 4-500, nei giorni feriali circa 200. I procidani l’acquistano soprattutto per fare colazione, i turisti invece la mangiano a tutte le ore del giorno.Ci hanno chiesto anche di realizzare forniture per Napoli ma non è stato possibile: ci sono precise norme igieniche da rispettare e gli imprevedibili ritardi dei traghetti.

Come mai non vengono inventati altri dolci particolari a Procida?
Noi abbiamo provato a introdurre delle novità ( i semifreddi, la brioche multicereale ecc…)  ma i dolci tradizionali sono sempre i più richiesti.

Lavorare in un bar significa affrontare anche il calo fisiologico del periodo invernale.
Purtroppo sì, lavorare in un bar prevede periodo "morti": si passa dalla calma piatta dell’inverno al lavoro serrato estivo e non ci si ferma mai.

Di solito i locali che si trovano nelle altre parti dell’isola lamentano che tutte le manifestazioni si svolgono alla Marina e quindi le persone non sono invogliate a spostarsi negli altri quartieri…cosa ne pensi?
E’ vero, la Marina è sempre la Marina, ma bisogna dire che affittare qui un locale è carissimo, di sicuro  le spese di base sono maggiori.

Quando il Comune organizza manifestazioni non a Marina Grande, le vostre attività subiscono un calo?
Non penso. Alla passeggiata alla Marina nessuno rinuncia, con o senza manifestazioni.

Prima di salutarci vuoi dare qualche indicazione a chi volesse cimentarsi nella preparazione della “lingua”?
“La lingua” è composta da uno strato di sfoglia, uno strato di crema pasticciera e un altro strato di sfoglia. Quello superiore deve essere più doppio di quello inferiore e  intinto nello zucchero che poi diventa caramellato. Alcuni clienti chiedono di comprarle crude, di surgelarle…ma noi ci rifiutiamo: la pasticceria fresca ha dei suoi riti che non vanno traditi. In particolare “la lingua” ha bisogno di 24 ore di attesa e surgelarla significa ammazzarne il sapore. Da pochi anni ha ottenuto il marchio DECO, molti provano ad imitarla, addirittura al nord la riempiono di frutta…ma non è “la lingua”, è un altro dolce.A chi vuole mangiare una buona “lingua” diciamo di venire da noi, che la prepariamo seguendo la ricetta originale di Pasquale.
a cura di Annalisa Coppola





                                                                                                                                

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