La triste storia del Bannock

Il BANNOCK
La storia di una nave molto amata dai procidani
L’ultima delibera del Comune di Procida 
 La testimonianza del Comandante Nicola Scotto di Carlo
 
La nave Bannock in navigazione
Si fa oggi un gran parlare della triste sorte della nave Bannock che oggi,  dopo essere stati spesi circa 600.000 euro di soldi dei cittadini per trasformarla in museo, rischia di essere rottamata.  
In breve la vicenda di questo ultimi 10 anni. Il 13 febbraio 2004 viene sottoscritto un protocollo d’intesa fra il Comune di Procida, l’Istituto Superiore “Francesco Caracciolo e G. Da Procida” e l’Autorità Militare per l’utilizzo della nave Bannock  nel porto di Procida come Centro polifunzionale.
Il Comune riceve dal Ministero dell’Ambiente, che approva e sostiene il progetto, un finanziamento cospicuo per la trasformazione della nave e successivo spostamento nel porto di Procida. Si parla di circa 470.000 euro più altri 100.000 profusi direttamente dal Comune di Procida.
Vengono eseguiti i dovuti lavori di trasformazione e la nave viene destinata ad essere ormeggiata nell’isola presso il Molo di ponente alla Marina Grande, subito dopo la Capitaneria.
La nave viene affidata all’Istituto Superiore di Procida, che diviene l’ufficiale proprietario della nave, fermo restando che tutta la gestione economica dell’operazione resta a carico del Comune.
Purtroppo la nave non giunge sull’isola per la difficoltà a reperire un posto di ormeggio idoneo, in quanto il Molo di Ponente viene ritenuto impraticabile per i bassi fondali.   
Di conseguenza, fino ad oggi, la nave ristrutturata è stata ferma e con nuovo ed ulteriore deterioramento nel porto di Napoli, affidata alla guardiania della Ditta SIOMI che vanta già  un credito con il nostro Comune di 500.000 euro.
Come ci conferma il Capogruppo di “Insieme per Procida” Dino Ambrosino, l’Amministrazione nell’aprile del 2012  respinse una mozione della Minoranza   presentata dal Consigliere Aniello Scotto di Santolo, che paventava il rischio sia economico che ambientale della vicenda e sollecitava una opportuna e tempestiva definizione della questione che già era costata molto alla collettività.
Cosa ancor più grave è stato, in questi ultimi tre anni, il coinvolgimento in questa triste vicenda dell’Istituto Superiore che ha determinato contrapposizioni legali tra Comune, Capitaneria di Porto, Avvocatura di Stato, Corte dei Conti.
Solo nell’ultimo Consiglio Comunale del 5 febbraio 2015 l’Amministrazione  delibera l’acquisizione gratuita del Bannock da parte del Comune (fino ad oggi ancora di proprietà del Nautico) in modo che  esso possa essere ceduto a terzi. L’ipotesi più acclarata è che venga ceduta alla SIOMI, verso la quale il Comune è debitore.
Resta però ancora da definire come dovranno essere smaltite le sostanze inquinanti e  di chi saranno a carico. Qualcuno paventa anche il rischio di un affondamento che creerebbe ulteriori gravi problemi.
Una vicenda veramente triste di sperpero di denaro pubblico. Ma è il rischio che si corre in tutte le Amministrazioni quando si pensa di gestire il bene comune in un clima di forte contrapposizione tra Maggioranza e Minoranza e senza la consultazione preventiva dei cittadini esperti del settore.
Ormai è ben chiaro a tutti: contrapporsi in vertenze che riguardano il bene di tutti e soprattutto quando sono in gioco grosse somme è il segno più eloquente della crisi politica in atto. E invece, proprio quando sono in gioco grosse somme di denaro pubblico, la Politica, rispondendo all’alto mandato dei cittadini ,dovrebbe presentarsi coesa e unita negli intenti, a favore dei cittadini per vanificare ogni tipo di inadempienza. Senza voler parlare della corruzione che sempre può allignare dietro gli apparati burocratici di una faziosa politica di scontro fra le parti.


Intervista al Comandante Nicola Scotto di Carlo.
Il Comandante Nicola Scotto di Carlo a bordo della Bannock

Sappiamo che lei è stato alla guida del Bannock  fin dall’inizio. Ci può dire  qualcosa della storia di questa nave?
Questa nave proviene dall’America, lo dice anche il nome BANNOCK che deriva dal  nome di un capo tribù indiano che viveva nel sud dello Stato americano dell’ IDAHO.  Fu costruita a Charleston presso i cantieri navali Charleston per la Shipbuilding & . Drydock  CO. e varata nel Gennaio 1943,  utilizzata in operazione di rimorchio lungo le coste West India del Nord America e Brasile. Nel marzo 1944 fu coinvolta nelle operazioni militari della grande guerra.  Giunse  a New York  per seguire un convoglio che procedeva per la Gran Bretagna, dove arrivò a Falmouth  verso la metà di Aprile, e partecipò alle operazioni preliminari relative allo sbarco degli Alleati in Francia. Durante le settimane che precedettero l’assalto, subì  numerosi raid aerei da parte della Luftwaffe, ma ne venne fuori solo con alcuni danni.
Dal  6 Giugno 1944, il fatidico “D day”, partecipò a  numerose operazioni di ricerca, salvataggi e riparazioni come mezzo di supporto alla forza di invasione.  Il 21 luglio  1944 partì dalle coste della Normandia per tornare in Inghilterra. Da qui si spostò a Londondwerry nel Nord Irland da dove ripartì per  l’America rimorchiando l’incrociatore “Nelson”. Giunse a Boston il 26 Agosto1944 e solo nel  dicembre di quell’ anno partecipò ad alcune operazioni nell’Oceano Pacifico. Arrivò  a Pearl Harbour il 23 Gennaio 1945 e vi rimase fino al 9 febbraio. Operò tra le isole Marianne e Guam. Da Guam parti per Okinawa dove arrivò il 7 Maggio 45. Negli anni seguenti fu impegnata in una serie di operazioni fra le Marianne, Okinwa, Iwo Jma.  E si fermò sulle coste del Giappone. Per tutte queste operazione svolte durante la seconda guerra mondiale riceverà successivamente due “Stelle di battaglia”.

Una storia molto avventurosa e per certi versi gloriosa. Ma come è arrivata successivamente in Italia?
Dopo la capitolazione del  Giappone fece ritorno in America, rimanendo inutilizzata nei cantieri americani  fino al 1951. Poi fu nuovamente utilizzata  lungo le coste degli Stati Uniti e solo nel luglio  1955 fu messa in riserva, e vi rimase fino al 1961. Fu poi affidata all’Italia e il 28 agosto 1962 venne stipulato un contratto di locazione fra lo Stato americano e il Governo italiano, col parere favorevole del Vice Presidente degli USA.

C’era forse la volontà da parte degli americani di disfarsi di una nave obsoleta, con la complicità degli italiani? Non appare strano anche a lei il fatto che l’Italia volle stipulare questo contratto di locazione, che successivamente si trasformò in acquisto?
Io so soltanto che il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)  aveva bisogno di una nave idonea a eseguire ricerche nei nostri mari. La grandezza della nave Bannock sembrò proprio quella giusta, ma bisognava operare una serie di trasformazioni interne per trasformarla da nave militare di rimorchio a nave oceanografica. Si firmò il contratto e la nave venne ceduta al prezzo simbolico di un dollaro e nel 1962 presso i cantieri OARN  di Genova iniziarono i lavori e il 13 Settembre 1963 la motonave  Bannock partì da Genova alle ore 12 per la prima crociera di ricerca oceanografica. Nel maggio 1979 il governo italiano poté acquistarla definitivamente pagandola secondo il suo reale valore.

Lei è stato dal 1970 comandante di questa nave. Da chi le è stato conferito questo incarico?
La gestione della nave venne affidata alla Compagnia Cosulich, ed io lavoravo già da tempo per tale compagnia, per cui fui convocato a Genova per tale proposta.  Fui ben lieto di accettare e cominciò,  dopo tanti viaggi con navi mercantili, la  mia seconda esperienza di comandante di una nave oceanografica, che è durata fino al giorno in cui la nave fu messa in disarmo. Numerose le crociere di ricerca scientifica  realizzate con la presenza dei più qualificati esperti di oceanografia, geologia, fisica, matematica, biologia delle Università Italiane e straniere. L’ultima crociera scientifica partì dal porto di Genova il 20 dicembre 1991.

Cosa avvenne dopo? Perché fu consegnata alla Marina Militare?
Il CNR ritenne che la motonave fosse ormai obsoleta e non in grado di svolgere  il compito assegnatole, per cui pensò di cederla alla Marina Militare. La qualcosa avvenne il 10 gennaio 1992  e la nave venne consegnata alla Marina Militare presso l’arsenale del porto di Venezia e  utilizzata ancora saltuariamente come nave da ricerca e come mostra itinerante di libri.

In questi giorni è completamente naufragato il progetto di rendere questa nave un centro polifunzionale con museo navale  stabile per l’isola di Procida. L’Amministrazione di Procida ha deciso di cederla a terzi, dopo aver speso una grande somma. Sappiamo che lei è stato l’ispiratore di questo progetto. E’ addolorato per questa soluzione?
Moltissimo.

Ma come le era nata questa idea?
Quando ho appreso che la Marina Militare aveva deciso di sospendere ogni tipo di attività con questa unità, dopo aver effettuato un’indagine tra i cittadini, confortata da un’abbondante raccolta di firme per avere consenso ufficiale dalla opinione pubblica locale, ho presentato al Comune di Procida - protocollo 5217 in data 18 aprile 2002 - la proposta  di acquisire la nave Bannock e poterla utilizzare come nave MUSEO NAVALE NEL PORTO DI PROCIDA. Ci tengo a precisare che la Bannock, data la sua solida caratteristica strutturale, è una nave dotata di doppi fondi e costruita con lamiere di un acciaio speciale capace di resistere nel tempo, per cui il rischio che potesse affondare, come oggi qualcuno va ripetendo, è quasi nullo, a meno di un atto doloso.

Un’idea senz’altro interessante, ma forse troppo audace per l’Italia?
Non credo: facciamo parte della Comunità Europea e in Europa  ci sono molte “navi museo” nei porti, che danno visibilità al lavoro sul mare che ha dato potere e ricchezza agli Stati. Viaggiando ho potuto visitarle e ho sognato anche per Procida una tale “nave museo” ancorata nel nostro porto. In un viaggio sulla Bannock ho avuto a bordo un rapporto molto bello con il grande oceanografico Cousteau. Dopo la sua morte mi colpì il fatto che la sua grande barca, il “Nautilus”, nonostante fosse affondata, venne recuperata dal governo francese ed oggi splende in un porto proprio come Museo e ci sono visitatori da tutto il mondo… Siamo a conoscenza  del fatto che solo dalla vicina Ischia vengono in visita a Procida più di trentamila turisti all’anno. Quale occasione migliore per presentare ai nostri ospiti nazionali e internazionali la nostra ricca e grande storia di mare in un centro polifunzionale con annesso Museo? Un Museo su di una nave legata alla nostra vita marinara, in quanto moltissimi marittimi procidani hanno lavorato su di essa.

Lei ritiene che il lavoro sul mare ha ancora una sua funzione sull’isola?
I dati statistici lo confermano ed anche la nuova esplosione di iscritti alla Sezione Nautico dell’Istituto Superiore dice che il mare è ancora ritenuto il principale volano della nostra economia: il  progresso e lo sviluppo economico di Procida è stato frutto del lavoro sul mare da secoli; ma chi fino ad oggi nella nostra isola ha dato a questo lavoro dei nostri uomini il giusto merito? Nessuno! Ci dovrebbe essere da parte di tutti un grande rispetto e riconoscenza per questi uomini che con grandi sacrifici hanno speso la loro vita sul mare portando nell’isola grandi risorse. I nostri marittimi in pensione dovrebbero costituire una consulta permanente per tutti i problemi dell’isola. La loro esperienza è una ricchezza che spesso è stata sottovalutata quando non bistrattata.

Tornando al Bannock, una storia di malapolitica o solo un incidente dovuto a valutazioni troppo superficiali circa un progetto che non poteva essere portato avanti?
Lo dirà la storia della nostra isola. Quando si è emotivamente coinvolti il giudizi possono essere falsati. Oggi esprimo soltanto il mio dolore per un sogno che vedo infrangersi miseramente, che ci rende poveri economicamente per i tanti soldi spesi senza alcun risultato e culturalmente per una grande occasione  perduta.  Ne sono convinto, abbiamo perduta l’occasione di esporre in una insolita “vetrina” la nostra stupefacente storia marinara…. Purtroppo cavilli che in altre parti vengono abbattuti in breve tempo qui restano insolubili e si fa di tutto per accrescerli. Quando si parla con alcuni politici essi dicono spesso: “Siamo in attesa, abbiamo inviato il provvedimento a…Aspettiamo una risposta…” In attesa, sempre in attesa, quell’attesa che indica una condizione e un modo di procedere che si utilizza da noi molto spesso solo per farci sognare cose che non accadranno mai.
Sembra un paradosso: la nave Bannock sopravvissuta allo sbarco in Normandia, sopravvissuta a Pearl Harbour,  sopravissuta agli attacchi subiti nel   Pacifico a Guam e alle Marianne, in Giappone, sopravvissuta a tanta navigazione oceanica e oceanografica, ora langue miseramente in angolo del porto di Napoli “in attesa….”.  

a cura di Pasquale Lubrano Lavadera

da Il Golfo Lunedì 16 febbraio 2015
 


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