Procida: Il Sindaco non è un “Mammasantissimo”

Il Sindaco di Procida Raimondo Ambrosino

Qualcuno ha scritto che i miei articoli politici sono di parte. La qualcosa è la verità perché  ognuno scrive in base all’esperienza che ha vissuto e le esperienze sono sempre diverse l’una dall’altra ed espressione di una “parte” e non del “tutto” Ma le diversità sono date per confrontarsi non per combattersi.
Questo è lo sforzo primario della democrazia!
Purtroppo oggi in Italia la democrazia  è avvelenata  dal turpiloquio, dall’aggressione verbale, dalla presunzione e dallo scontro ideologico..
Ma veniamo alla realtà di oggi al Comune di Procida.
Nonostante molte interviste, articoli, lettere ai cittadini da parte del Sindaco Raimondo Ambrosino e di membri dell’Amministrazione, ho l’impressione che molti procidani non si siano ancora resi conto della grave situazione economica e sociale in cui versa il Comune di Procida. 
Infatti parlando con amici continuo a sentire spesso critiche sugli attuali Amministratori, come se loro fossero la causa prima della crisi in atto nel paese.
E invece è mia convinzione che la crisi è cominciata  molti decenni fa e che oggi  si è riacutizzata con un debito spaventoso registrato dal Ragioniere Capo al 31 maggio 2015, con le casse totalmente vuote, con dipendenti che vanno in pensione e non possono essere sostituiti, con due uffici comunali fondamentali inquisiti e con dipendenti rinviati a giudizio.
Le  domande  che mi pongo di fronte a questo scenario disastroso sono queste:
Come fanno questi nuovi Amministratori a trovare la forza per portare avanti  un Comune  in queste gravi condizioni? Come hanno fatto a recuperare già oltre un milione e mezzo del debito pregresso? Chi ha dato loro la forza e il coraggio di presentare continuamente piani di riequilibrio  ad una Corte dei Conti scettica e con grandi dubbi sulla possibilità del nostro Comune di risolvere  i problemi senza ricorrere al dissesto?
Personalmente penso che sia un vero e proprio miracolo se questi giovani Amministratori non si sono ancora arresi, e conducono ogni giorno una battaglia su tutti i fronti, per sovvenire alle necessità impellenti  dell’isola, per sanare  ferite, ritardi, inadempienze, con un porto turistico venduto a privati e con un alto numero di disoccupati e di giovani che lasciano l’isola, con lavori pubblici lasciati incompiuti, con le strade per la maggior parte dissestate, e con un traffico devastante.
Si, è un miracolo se questi Amministratori stanno portando avanti con coraggio e lealtà - che molti non vedono - la lotta alla corruzione, al clientelismo, all’illegalità che sono le malattie mortali della vita sociale e politica di una città.
Non solo, ma stanno favorendo in tutti i modi  un corretto rapporto tra Comune e Istituzioni scolastiche, stanno affrontando i problemi che mano a mano emergono a cominciare dal traffico, hanno dato il via all’isola ecologica e  intensificato la raccolta differenziata; hanno promosso la crescita delle Associazioni, valorizzando i talenti artistici e culturali presenti  sul territorio e, cosa non secondaria, stanno progettando  con onesta sensibilità e una seria programmazione l'accoglienza di quel numero di rifugiati che la Prefettura ci ha assegnato.
Da dove nasce, allora, lo scontento che sento serpeggiare qua e la? Quali le cause profonde di questa cecità collettiva  che impedisce ai procidani di capire  in quale disastrosa situazione i nostri Amministratori sono stati chiamati ad operare, e gli immani sforzi che stanno compiendo?
Me lo sto chiedendo da tempo e non riesco ancora a vederci chiaro. Qualche idea però comincia a venir fuori.
Prima fra tutte la ricchezza dell’isola. Nella graduatoria nazionale risultiamo uno dei paesi più ricchi d’Italia. E si sa, per esperienza che il ricco non riesce a comprendere sempre la condizione di chi è povero e indebitato. Il procidano forse non riesce a credere alla assoluta povertà delle casse comunali e al debito  strozzante accumulato fino al 2015, alla disastrosa situazione della Casa Comunale,  e le difficoltà oggettive con le quali bisogna imbattersi ogni giorno, nonostante le ripetute dichiarazioni e nonostante i dati siano a disposizione di tutti.
Inoltre in Italia spesso la figura del Sindaco è stata equivocata, retaggio della vecchia monarchia, della dittatura e degli errori della democrazia nascente. Si guarda a lui come se fosse un specie di “Mammasantissimo”, ossia una persona che deve risolvere il problema  personale di cittadini: dare un posto di lavoro, aiutare un parente a uscire dal carcere, trovare un posto letto in ospedale e tant’altro ancora. Purtroppo anche nell’isola si fa spesso questo errore e si pensa che il bene comune sia la somma dei beni individuali. E di conseguenza si crede che il Sindaco debba dire sempre sì.  Ed anche molti del popolo che lo ha votato cadono in questo errore: “Ma come? Io l’ho votato e devo avere qualcosa in cambio!”
Se infatti  il Sindaco dice no a qualcuno della sua parte politica – ed è capitato spesso - gli si punta il dito contro e lo si accusa di “incapacità” o gli si voltano le spalle.

Forse è il caso di ricordare invece cosa deve rappresentare, garantire e promuovere un Sindaco.
Raimondo Ambrosino è stato eletto dal popolo per rappresentare l’onestà, la giustizia, la legalità, la solidale partecipazione del popolo procidano allo sviluppo e al benessere dell’isola; per garantisce la libertà, l’uguaglianza e la fraternità nel paese promuovendo prima di ogni altra cosa il bene comune, la partecipazione attiva dei singoli e dei gruppi, i diritti fondamentali, il rispetto dell’ambiente, la pace e la serenità della vita; per adoperarsi affinché il nome di Procida sia sempre un nome degno di un popolo che da secoli ha lottato per garantire il rispetto dei diritti fondamentali e che è sempre risorto dopo tragedie sociali e politiche. Non dimentichiamo mai che  molti procidani, pagarono con la morte e con l’esilio, nel 1799, l’anelito ad una siffatta vita democratica.
Possiamo, sicuramente, qualche volta non gradire certe scelte o ritenerle sbagliate, ma fino ad oggi non ho mai visto Raimondo Ambrosino rifiutare un confronto con chicchessia, sapendo anche correggere certe decisioni prese.
Ritengo pertanto che egli merita, dal punto di vista politico, la nostra stima e l’incoraggiamento ad andare avanti nella strada intrapresa, nella speranza che la Corte dei Conti sciolga le sue riserve e non ci invii il Commissario.
E auspico vivamente che anche i suoi Assessori seguano il suo esempio lavorando in stretta unità con lui, e non si lascino trascinare nel perverso gioco di chi gioca a disgregare la squadra per indebolirla e farla cadere. Sarebbe per Procida una grande iattura che noi speriamo non avvenga.

Pasquale Lubrano Lavadera

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