Procida: I restauri della Congrega dei Turchini


 
Il Cristo Morto di Carmine Lantriceni
Grandi opere di restauro sono in corso nella Congrega dei Turchini  che assomma piccoli capolavori d’arte antica. Ma lasciamo la parola al Priore Gabriele Scotto di Perta che ci racconta  i particolari di un’avventura artistica abbastanza singolare e che ha permesso il recupero e poi il restauro di queste antiche e pregiate opere: “L’avventura è cominciata qualche estate fa, durante una delle mostre, quando incontrai un giovane studioso,  Massimiliano Mirabella, interessato alla visione particolareggiata della statua del Cristo Morto. Stabilii un rapporto con il giovane e questi mi confidò l’intento della visita. Nel 90, quanto ci fu il restauro della pregiata statua, lui frequentava l’accademia, allievo di Tatafiore titolare della cattedra di restauro, e come allievo fu chiamato nell’equipe a cui venne affidato il lavoro della statua del Cristo di Carmine Lantriceni del 1728.  Mi disse che lavorava alla Scuola d’Arte di San Leucio a Caserta e che era disponibile ad aiutarci se avessimo avuto bisogno di lui in futuro.”

Busto ligneo di Sant'Anna

Quale il primo lavoro affidatogli?
Il busto ligneo di Sant’Anna, un lavoro del 600 che presentava grossi problemi. Una mattina osservando il panno su cui poggiava la statua ci accorgemmo che era tutto bagnato. Interpellammo una giovane studiosa procidana, Sara Lubrano Lavadera, la quale individuò all’interno della statua  la presenza di insetti e precisamente di termiti per cui se non si interveniva subito in pochi giorni  la statua sarebbe stata distrutta. Telefonammo  subito a Massimiliano Mirabella il quale ci consigliò di chiudere ermeticamente Sant’Anna in una busta di plastica con una buona quantità di insetticida. Gli consegnammo poi  tutto il materiale e oggi abbiamo il busto di sant’Anna completamente restaurato.

La collaborazione si fermò al busto di Sant’Anna?
No, ci fu il restauro del quadro della Madonna delle Peregrinanti di Carlo Borrelli del 1800, meglio conosciuto come il quadro della Madonna della Purità in quanto stava nella cappella della Purità nell’ex conservatorio delle Orfane.
Madonna delle Peregrinanti o della Purità (particolare)

Come è arrivato a voi questo quadro?
Quando le suore si spostarono nel Palazzo Sabia si constatò che il quadro non era adatto per la nuova cappella, e fu messo in deposito. Anni dopo, nel 1996, le suore lasciarono Procida, e ci fu un accordo tra il Decano don Michele Ambrosino e il Vicario Episcopale Mon. Antinucci di affidare alla Congrega dei Turchini gli oggetti di competenza sacra. Tra questi il quadro della Madonna della Purità. Più tardi Il cardinale Giordani confermò che il quadro doveva restare qui. Ci siamo allora subito impegnati a fare preventivi di restauro, ma rendendoci conto  che non avevamo la forza per affrontare tali spese, accantonammo l’idea.

Ma il quadro in quanto bene dell’ex Conservatorio apparteneva al Comune. Avete preso contatti con il Sindaco?
E’ la prima cosa che abbiamo fatto. Ma il Comune non ha mai voluto prendere in considerazione l’idea di salvare questo bene.

Il Prof. Antony Palumbo e Gabriele Scotto di Perta

Cosa è successo poi?
Con gli anni, ci rendemmo conto che il quadro stava andando a male. Per cui siamo ritornati in Comune e questa volta  abbiamo ottenuto almeno di avere il quadro in comodato d’uso perpetuo a condizioni di provvedere noi stessi al restauro. Ne parliamo subito con  Massimiliano Mirabella e gli mostriamo il quadro. Massimiliano  si entusiasma all’idea e ci propone uno Stage con docenti allievi suo Istituto d’Arte, diretto dal titolare della cattedra di restauro di San Leucio, Prof. Antony Palumbo. Logicamente a costi minimi.

Cosa s’intende per costi minimi?
Il lavoro ci veniva donato. Dovevamo solo provvedere in loco al vitto e alloggio per l’equipe dello Stage e le spesa del materiale occorrente.

L'Immacolata incinta

Vi siete fermati al quadro della Purità?
No, abbiamo programmato un primo Stage che comprendeva  sia il quadro della Purità che la Madonna Immacolata Incinta, rarissimo quadro del 600, di ignoto, appartenente alla scuola napoletana che molti ricorderanno in quanto era collocato sopra l’altare del Cristo Morto. Altre scuole di restauro interpellate, solo per questi due quadri ci avevano chiesto 16.000 euro.

IL Cristo alla colonna

Avete chiesto alla Scuola di San Leucio di operare un secondo Stage?
Si, per il restauro del quadro di San Tommaso, del 1600, e attribuito a Fabrizio Santafede che aveva già subito un pessimo restauro circa 40 anni fa, insieme ad un Cristo ligneo alla colonna del 700 napoletano che avevamo ritrovato di recente in uno scatolone tutto a pezzi e abbandonato  da secoli.

Quadro di San Tommaso

Quando vi è costato il tutto?
Fino ad oggi ci è costato 8000 euro, che sono stati prelevati dal fondo gestionale della Congrega, da contributi volontari e da offerte dei fedeli, ed il progetto è in fase di ultimazione.

E per il futuro?
Vorremmo riprendere il Coro di legno del 600 abbastanza rovinato. Esso proviene  per la maggior parte da Terra Murata dove era la prima sede della Congrega; il resto è stato costruito nel 1892 riproducendo la parte antica. Poi pensiamo di restaurare il vestiario, anch’esso del 600, tutte le dorature, l’altare del Cristo Morto abbastanza rovinato anch’esso proveniente da Terra Murata, le nicchie delle due Madonne ai lati dell’altare centrale ed infine i sette busti lignei reliquiari.

L'equipe a lavoro nel laboratorio situato al primo piano della Congrega

Prima di questi lavori, c’era già stato qualche lavoro importante eseguito?
Il più importante è stato il restauro della pala del Rosario restaurata a Firenza nel 1995-96. E’ un’opera molto importante del 1500 appartenente alla Scuola Umbra con rifrimento alla battaglia di Lepanto.

Da dove proviene questo quadro?
Proviene dalla Chiesa di Santa Margherita Nuova. Quando i Padri domenicani andarono via da Procida, cercarono di trasportare tutto nella loro sede centrale di Napoli: i marmi dell’altare, quadri ed altri oggetti. Avevano pertanto noleggiato una barca montese. Il cantoniere della provincia, un certo Antonio Cibelli, frequentatore di chiese, quando vide questo movimento giù a Marina Grande si insospettì e  chiamò subito la guardia pubblica. Il materiale fu sequestrato e  messo in un deposito dell’Ufficio del dazio diretto dal Com. Alberto Ruggi.  Lì rimase per molto tempo. Successivamente il Curato Nicola Scotto di Vettimo, padre spirituale della Congrega dei Bianchi, ottenne dalle autorità competenti di trasferire questo materiale sacro nella Chiesa di san Giacomo. Qui è rimasto fino al 1979 quando la Chiesa di san Giacomo venne sfasciata.

La pala del Rosario

Come è arrivato a voi?
E’ una storia per certi versi inquietante. Chiedemmo al Sindaco di avere questo quadro in prestito per una mostra. Ma il quadro non si trovava, era sparito. Dopo tante ricerche lo si trovò nei seminterrati della Nuova Scuola Media imbrattato e danneggiato seriamente. Ci rivolgemmo alla Sovrintendenza di Napoli per i beni artistici e storici la quale ci diede il permesso di esporlo. Dalla Scuola Media era intanto scomparso. Non lo si trovava più. Cercammo a destra e a manca nella speranza che non fosse stato portato via da Procida. Quando proprio avevamo perso ogni speranza in un ultimo sopraluogo in San Giacomo, trovandoci in sacrestia, mettemmo i piedi su un tavolaccio proprio delle dimensioni di quel quadro. Qualcuno tra noi notò che quel tavolaccio non c’era mai stato prima. Lo rivoltammo e, sorpresa per tutti, comparve il dipinto della battaglia di Lepanto fortemente calpestato e danneggiato.

Chi lo ha restaurato?
Con la consulenza di Manuela Massa inviammo il quadro a Firenze Presso l’Istituto D’Arte Palazzo Spinelli e l’Istituto ne fece oggetto di studio e di restauro. Noi spendemmo solo le spese di viaggio. Infine la Sovrintendenza decretò che il quadro restasse nella Congrega dei Turchini e oggi tutti i visitatori possono ammirarne la grandiosità e la bellezza.

Qualche notizia sulla Congrega e sui suoi membri.
I soci attualmente sono 145. La direzione è affidata al Priore, carica elettiva occupata dal sottoscritto, e ad un Direttivo formato da due  Governatori, Lubrano Lavadera Domenico e Tommaso Barone, e un segretario: Carmine Scotto di Carlo. Prima di ogni decisione il Direttivo interpella una Consulta di 11 membri.

Uno dei sette busti lignei con reliquia

Oltre al restauro quali sono gli scopi fondamentali della Congrega dei Turchini.

Prima di tutto la formazione umana e spirituale dei suoi membri, una formazione cristiana basata sul Vangelo, che aiuti tutti i soci ad avere rispetto di ogni persona, a promuovere in ogni ambiente pace, giustizia e solidarietà, nell’amore concreto per ogni uomo, essendo sempre a servizio di tutti, in particolare per i più deboli e più poveri. Abbiamo per esempio ospitato per un periodo alcuni senzatetto. Poi curiamo il corteo del Venerdì santo e varie iniziative culturali.

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