Salvatore Iovine: I custodi della canzone napoletana

 


Questa foto scattata sull'isola di Procida due anni prima della scomparsa di Gigi Proietti, nella quale appaiono grandi artisti come Enzo Gragnaniello e Peppe Barra, mi ricorda come ormai si contano sulle dita di un falegname monco gli ultimissimi grandi interpreti della gloriosa ed immortale canzone napoletana. Eppure fino al secolo scorso avevamo mostri sacri come Enrico Caruso, Sergio Bruni, Roberto Murolo, Renato Carosone, Fausto Cigliano, Nunzio Gallo, Mario Abbate, Giacomo Rondinella, Bruno Venturini, Aurelio Fierro, Domenico Modugno, Luciano Tajoli, Peppino Di Capri, Renzo Arbore e l'Orchestra Italiana. Avevamo autori come Libero Bovio, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo, E.A. Mario etc. Una musica che non aveva rivali in campo internazionale, conosciuta dall'Hawaii a Mosca, da Buenos Aires a Pechino, al punto da rendere il napoletano, non un dialetto, ma una vera e propria lingua che a tutt'oggi grazie a quelle canzoni è diventata tra le più parlate al mondo. Quella musica napoletana che poi è la progenitrice della stessa canzone italiana. Oggi, invece, ti guardi intorno e rimani davvero basito innanzi all'inspiegabile successo di taluni personaggi. Assisti impietrito ed esterrefatto all'imbarazzante ed irreversibile involuzione di certi interpreti, ma soprattutto di una musica senza testi e del tutto priva di melodia. Se i latini dicevano "de gustibus non disputandum est", non si può che augurare lunga vita agli ultimi custodi della nobile e vera canzone napoletana, come Massimo Ranieri, Enzo Gragnaniello, Peppe Barra, Enzo Avitabile e Renzo Arbore.

Salvatore Iovine


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