PROCIDA HA PERDUTO MOLTI DEI SUOI CAPOLAVORI
La baia della Chiaia da difendere in estate dall'assedio dei motoscafi |
Procida ha perduto i suoi capolavori senza accorgersene, perché il tutto è avvenuto lentamente dal dopoguerra ad oggi. Nessuno aveva capito che l'architettura delle tre Marine, le stradine e i casolari nelle campagna, le meravigliose e silenziose baie, era uno patrimonio di inestimabile valore architettonico che avrebbe permesso oggi alla nostra isola di avere un capitale culturale di inestimabile valore, una naturale e generosa "Galleria degli Uffizi" che tutti avrebbero potuto visitare ed ammirare.
L'isola ammirata da Lamartine, il quale affascinato dalle nostre stradine, dagli intrecci di lunghe scale, dai giardini affacciati sul mare, dalle stupende insenature, aveva voluto ambientarvi il romanzo di Graziella, nonostante avesse scoperta la straordinaria bellezza dell'isola di Ischia e dell'intero territorio campano.
Se ne era innamorata perdutamente Elsa Morante a tal punto da considerare Procida "patria e salvezza", immortalandola nel romanzo l'Isola di Arturo.
Ne aveva "goduto miticamente" Marino Moretti che proprio a Procida vinse la sua senile aridità e ritrovò la vena poetica che aveva segnato la sua nascita come scrittore.
E dopo di loro tanti registi cinematografici hanno percorso le nostre strade i nostri giardini e i nostri mari per raccontare le loro storie in numerosissimi films.
Ma fu un procidano d'adozione, Giancarlo Cosenza, che nel 1967 pubblicò il suo primo libro proprio sulla straordinaria bellezza dell'isola, sull'architettura mediterranea che Procida possedeva in abbondanza e sul grande valore di essa. Uno studio scritto con amore e con l'intento chiaro di rivelare a noi indigeni quale tesoro si nascondeva in ogni anfratto, in ogni agglomerato di case, in ogni giardino, in ogni angolo abbandonato.
Quel libro fu uno straordinario omaggio ad un popolo che ferito dalla storia, tormentato nel suo intimo da vicende dolorosissime, poteva aspirare a un destino di rinascita totale, raccogliendo i frutti di quei martiri che avevano sognato per tutti un regime di pace e di serenita nel rispetto dei diritti fondamentali e sulla base di quei tre principi che il politico Lamartine aveva sognato per l'intera umanità: libertà, uguaglianze e fraternita.
Giancarlo col suo sguardo di autentico artista aveva intravisto nei nostri muri sfatti, nelle nostre intrecciate scale, negli archi sbozzati, nell'occhieggiare dei bellissimi vefi, l'amore del procidano che aveva plasmato con arditezza e armonia lo spazio in cui vivere e morire.
Non molti conobbero quel libro, né la scuola lo adottò non comprendendo che si apriva in quelle parole e immagini di Cosenza la possibilità di un percorso nuovo da intraprendere con gli studenti per condurli con sagacia a conoscere e amare di più il territorio da loro abitato.
A quel libro ne seguirono molti altri, ma scritti e illustrati per lo più da cittadini e artisti del mondo, e molti giovani scrittori contemporanei furono ispirati dall'isola.
Ma non capimmo che quel patrimonio di bellezza architettonica , quell'atmosfera mitica che l'isola conservava, quell'equilibro armonioso tra casa e natura andava conservato, tutelato, e valorizzato.
Una irrefrenabile e spasmodica corsa alla "pietra", frutto del lavoro sul mare, impedì a tanti di capire che occorreva un piano globale da rispettare, in quanto l'isola nelle sue limitate dimensioni (una delle più piccole isole italiane) avrebbe potuto snaturarsi ed offuscare per sempre il suo destino.
Oggi i giardini sono stati devastati per l '80%. il cemento ha invaso quasi tutti gli spazi, gli antichi disegni architettonici mutilati o del tutto scomparsi.
E' inutile piangere sul latte versato, dira qualcuno. E' ver, ma è doveroso far si che quel poco di latte che ancora ci rimane vada preservato e difeso.
Terra Murata bonificata negli anni 60 con la distruzione della quasi totalità del centro abitato. Ciò che noi oggi osserviamo sono solo le vestigie di un patrimonio andato totalmente perduto. Resta però il palazzo D'Avalos, semivivo, Santa Margherita in rifacimento, e la muraglia abitativa di piazza d'armi. E non è poco.
Marina Corricella da lontano sul mare mantiene intatto il suo fascino ma percorrendola a piedi t'accorgi che è diventato solo un grande centro commerciale. Pochissime le case che conservano la fattura originale essendo stata esse più volte manipolate anche perché mai una pietra è stata tutelata. Ma fra gli obbrobi e le cortecce dipinte, ogni tanto una perla di rara bellezza. E non è poco.
A Marina Chiaiolella invece sono le parule del tutto scomparse e con esse la civiltà contadina che esse esprimevano nei casolari e nei ridenti arenili. E' divenuta il luogo dove l 'invasione di case ha toccato l'apice, essendo il luogo più appetibile per il turismo. Ma possiamo ancora ammirare il tramonto e vedere l'onda baciare la sabbia. E non è poco.
E infine le baie che sono di una bellezza sconfinata! Esse vanno difese strenuamente dall'assedio di motoscafi che in estate impunemente sporcano le nostre acque.
Il turismo sì, anche se, non scelto per decenni come attività primaria dal procidano, ma come semplice rimorchio per raggranellare qualche sommetta utile e necessaria, oggi sembra andare in festa, ma - vorrei sbagliarmi - esso viene vissuto senza alcuna visione nel futuro, senza prospettive di qualificazione ambientale, senza rispetto di parametri ben precisi e sostenibili.
Il turismo di questi ultimi anni è stato, a parer mio, certamente uno dei principali fattori di sconvolgimento dell'assetto urbano e ambientale , stravolgendo quei beni che andavano tutelati proprio in vista di un turismo scelto e di qualità - unica possibilità per noi -, in quanto l'isola, di solo 3,7 kmq non poteva e non doveva permettere invasioni di massa "usa e getta", come poi è accaduto.
Tutto vogliono visitare e ammirare la grande bellezza nella "Galleria degli Uffizi" a Firenze, pertanto si acquista un biglietto e ci si mette in fila.
Procida "Museo a cielo aperto", apre le sue porte a tutti, ma garantendo e difendendo i suoi beni, chiedendo ai visitatori un pedaggio e pregandoli di aspettare il proprio turno.
Sono convinto che non tutto è perduto; se lo vogliamo siamo ancora nella possibilità di invertire la tendenza disordinata e chiassosa che oggi spesso opprime l'isola.
Dobbiamo impegnarci tutti a garantire un futuro reale sostenibile e culturalmente valido per Procida, affinché essa possa ancora saziare chi ha fame di armonia, di arte pura, di strade silenziose e profumate, di spiagge confortevoli, di storia millenaria, di cultura generativa e, cosa non secondaria, di pace duratura.
Penso che solo in questa prospettiva potremo salvarci tutti dalla mercificazione, dal pressapochismo, dalla faciloneria, dai cespugli invadenti e mercatili, dalle attività disordinate e ibride, capaci di produrre un lento e misero declino della nostra amata isola.
Pasquale Lubrano Lavadera 29/10/44
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