Il senso profondo dell'essere comunità
Alcune riflessioni in
margine alla Processione
del Venerdì Santo a Procida
La Processione di
Venerdì Santo si è riproposta quest’ anno a Procida nel bello, nell’incerto,
nella disarmonia. Nel bello di alcuni passaggi toccanti e suggestivi,
nell’incerto della programmazione lì dove
la libertà del singolo non tiene conto
di una visione di insieme, nella disarmonia
tra tempi, luoghi, percorsi e nello sfascio dei “misteri”[1]
che quest’anno si è ripetuto, solo per alcuni, tristemente a Marina Grande.
Pertanto una
riflessione s’impone per un evento che coinvolge tutta l’isola e non solo:
molti infatti sono stati i visitatori
venuti da fuori per parteciparvi.
Pur conservando
nell’insieme il suo fascino, quest’anno si è avuto l’impressione che in certi
momenti la Processione debordasse: straripavano alcuni “misteri” di grandi
dimensioni che mal si accordavano con le
stradine strette, con gli archi e i sottopassaggi; straripava la folla degli
spettatori indomabili che hanno assediato fin dalle prime ore dell’alba
finanche la postazione nel Piazzale delle Armi dove erano sistemati i “misteri”
in attesa della partenza.
“La colpa è di chi
prepara questi misteri giganteschi”, dichiarava un “fratello” della Congrega
dei Turchini, spazientito dal fatto che alle 10 del mattino il Cristo Morto,
che avrebbe chiuso il corteo, giaceva
ancora nell’Abbazia in attesa di essere chiamato.
La qualcosa potrebbe
essere vera, ma solo in parte. Quello che si è evidenziato questa volta è stata
la fragilità di coesione tra i vari
protagonisti dell’evento, una sorta di malintesa socialità, vissuta più a livello individuale
che collettivo.
Se, infatti,
analizziamo bene il contesto sociale in cui in genere si opera a Procida, a
livello politico, istituzionale, religioso, familiare, associativo, ci rendiamo
conto che nella maggior parte dei casi la ricerca del benessere personale non
va di pari passo con la ricerca del bene collettivo.
Pertanto non si può pretendere
dai giovani e adulti che preparano i “misteri” un comportamento che si discosti da questa pratica diffusa di malintesa socialità.
Nascono alcune serie
domande, che dovremmo sempre porci: “Chi è impegnato sull’isola a portare la
nostra gente su una corretta visione della socialità? Chi lavora costantemente
per aiutare i nostri giovani, i nostri ragazzi, come diceva Don Milani,
a vivere corrette relazioni interpersonali? In una parola, chi è fortemente
motivato a costruire una vera comunità isolana?” Che poi significa prendersi cura l’uno dell’altro e in modo
particolare dei più deboli, degli svantaggiati, di chi non ha lavoro, di chi è
immigrato.
Sicuramente ci sono
persone che danno la propria vita per questo, ma sono ancora poche e spesso non
coordinate tra loro.
Nella Scuola di
Barbiana, fondata da Don Milani, ogni
ragazzo si prendeva cura di un ragazzo più piccolo e bisognoso di aiuto, per
favorire così la crescita e la maturazione di tutti. Le responsabilità erano
condivise nella cura degli orti, delle stanze, dei macchinari didattici, nella
distribuzione dei pasti. Una vera scuola di vita, dove ciascuno sentiva la
responsabilità dell’intera scuola. E questo perché, aggiungeva Don Milani, “nella
misura in cui sarete solidali tra
voi, realizzerete la vostra vocazione di
uomini.”
E’ necessario quindi lavorare
tutti insieme, per scoprire la bellezza di essere comunità; per essere uomini e donne di questo tempo,
pronti a vivere in uno spirito di servizio e di solidarietà.
Dobbiamo pertanto
operare una inversione di tendenza lì dove già siamo impegnati: nella Politica,
nelle Istituzioni scolastiche, nelle comunità religiose, nelle associazioni,
ponendo al primo posto del nostro agire quotidiano rapporti di collaborazione,
di comunione, di ricerca comune. Obiettivo primario se vogliamo vedere nel
futuro una Procida che viva nella
giustizia, nella legalità, nella sincera
collaborazione in tutte le forme di coinvolgimento popolare, compresa la Processione
del Venerdì Santo.
Cristo, di cui proprio
a Venerdì Santo si celebra la sua passione e morte, è venuto al mondo per
insegnarci a vivere come fratelli.
Se noi riusciamo a
trovare nella vita di tutti i giorni questa dimensione di vera fraternità a
tutti i livelli, ed anche nella preparazione della Processione del Venerdì
Santo, sapremo aiutarci a vicenda,
sapremo guardare l’insieme in armonia, sapremo rispettare il regolamento
preparato dalla Congrega dei Turchini e, ne
siamo certi, la processione risulterebbe bella, armoniosa, ordinata e di grande
valore culturale.
Pasquale Lubrano
Lavadera
[1] Tavole
plastiche ispirate a frasi dell’Antico e Nuovo Testamento
da Il Golfo Venerdì 10 aprile 2015
Commenti
Posta un commento