I premi o i festival, le sagre possono essere eventi che promuovono la cultura?
Ci
sono le condizione a Procida per promuovere realmente cultura?
In
che modo?
Sonali Kulkarni (Graziella) e Massimiliano Varrese in una scena del film "Fuoco su di me" girato a Procida |
Mi sono sempre chiesto
se fare cultura a Procida significhi promuovere iniziative o eventi culturale
come presentazioni di libri, film, premi, festival, sagre, spettacoli, così come
avviene in molte città italiane.
Per la verità non
sempre ho saputo dare una risposta. Solo ultimamente leggendo qualche testo
autorevole che potesse aiutarmi a capire il senso vero del “fare cultura” ho visto diradarsi la nebbia
che mi circondava e vedere con più chiarezza il cammino che una comunità come
la nostra isola può intraprendere per promuovere cultura.
La prima agenzia
culturale di un paese è, senza
dubbio, la Scuola: dalla scuola
d’infanzia all’Istituto superiore e alle istituzioni universitarie.
Da considerare
anche le associazioni culturali laiche e
religiose che hanno un ruolo molto importante nella vita di un paese.
Infine, da non
sottovalutare i cosiddetti naturali operatori culturali, ossia quegli artisti
che producono opere destinate a offrire un contributo di idee e valori necessari
al miglioramento della vita della comunità.
Quindi non sono gli eventi e le iniziative culturali
a creare cultura, ma è l’esperienza autenticamente e profondamente umana che si
realizza in una Scuola, nella vita di un associazione, di una comunità
religiosa, nel rapporto vitale e costruttivo tra la collettività e gli artisti
presenti nel territorio.
L’esperienza potrà poi
anche esprimersi in momenti pubblici, in eventi celebrativi, i quali non saranno mai visti come fine a se
stessi ma come momenti conclusivi che
chiudono un processo creativo di sviluppo culturale e si aprono al nuovo.
Se invece questi
momenti diventano il fine del fare cultura si ridurranno, come solitamente
avviene, ad una vetrina di personaggi famosi, o ad esperienze autoreferenziali
delle associazioni o degli enti proponenti.
Se guardiamo la Scuola
oggi dobbiamo dire che essa, salvo eccezioni, non produce vera cultura, perché non è un’esperienza
autenticamente umana in cui gli studenti
si sentano protagonisti di essa e
pienamente coinvolti. La Scuola per diventare vera agenzia culturale deve
incidere nel vissuto delle nuove
generazioni, stimolarne la crescita umana e dei rapporti interpersonali a tutti
i livelli; in primo luogo in un corretto rapporto intergenerazionale, non
limitandosi ad offrire primariamente
conoscenze, e competenze professionali.
Così pure per le
associazioni culturali. Esse devono entrare in un rapporto vitale con la
popolazione del territorio nel quale operano per intercettare esigenze, attese,
necessità e con essa giungere a definire
quel progetto di esperienza culturale che offre risposte contestuali.
Dobbiamo pertanto
opporci a quel fenomeno pseudo culturale di tanti comuni che propinano alla massa
una serie di eventi essenzialmente calati dall’alto per beneficiare lobby di
pesiiero o di potere economico.
Per dirla col filosofo
Zanghì: “Nella nostra civiltà di massa, consumistica anche a livello di idee,
si mira alla capacità di convinzione, per vendere
il prodotto culturale, qualunque
esso sia; si mira dunque al sensazionale, ottimo veicolo di persuasione
superficiale, brutta copia di quel meraviglioso
da cui sappiamo che dovrebbe avere inizio ogni persuasione profonda e ogni
cultura. E proprio riguardo alla cultura, la si afferma in una crisi
addirittura irreversibile, e si nega, contemporaneamente che ci sia crisi…I più
sinceri, di fronte alle tante vie, parlano di pluralismo: la crisi c’è, la
soluzione va cercata in un dialogo fra sistemi,
proprio per uscire dalle insufficienze di essi verso un approdo che onestamente
si confessa di non conoscere, ma si conoscerà raggiungendolo. Ciò che purtroppo
guasta questa posizione è l’ormai collaudata strumentalizzazione della cultura da parte delle forze politiche
ed economiche che, da servitrici quali dovrebbero essere della cultura, se ne
fanno padroni, per raggiungere attraverso di esse il consenso delle masse. Lo
stesso pluralismo diventa allora una terra di nessuno, fino a quando non venga
saldamente occupata dal più forte concorrente…A mio avviso la crisi della
cultura c’è ed è grave e le soluzioni bisogna cercarle seriamente, se non
vogliamo affondare nella più tragica inciviltà, con tutto il nostro bagaglio di
magnifiche utopie e di progresso sperato…In questo lavoro, da cui dipende la
sorte di tutti, dobbiamo impegnarci con coraggio e lealtà tutti insieme.”
Faremo quindi cultura quando la molteplicità delle
espressioni degli uomini di una comunità si confrontano lealmente per
raggiungere una sintesi unitaria.
Le varie
espressioni sono date in un tempo e in
uno spazio per cui questa sintesi unitaria che è poi il progetto culturale che si intende realizzare non può non avere
una tensione all’universalità.
Il che significa che il
progetto di oggi non si chiude in se stesso ma è una realtà che si espande e si
rinnova.
In questo processo di
vero avanzamento culturale la comunità trova forza e speranza, affronta i problemi,
e porta a maturazione le soluzioni intraviste, migliora la qualità della vita e
delle relazioni, e ogni cittadino si sente in qualche modo protagonista della
vita della sua città
In sintesi i punti fondamentali di uno sviluppo culturale avanzato potrebbero
essere così elencati:
1)
Nonostante tutto, essere convinti che la
vita della comunità va avanti, matura e soffre e si apre a piste nuove da
percorrere; l’importante è cercarle;
2)
Creare nuovi spazi di incontri per un
confronto leale fra le tante espressioni, per dar vita a quel nuovo che l’oggi
si aspetta, ma pronti a superarlo per il nuovo di domani;
3)
Avere un’attenzione profonda a tutti i
richiami, a tutte le sollecitazioni, le attese, le critiche, le sofferenze che
emergono dalla comunità;
4)
Scegliere il metodo del dialogo con
tutti e aperti in tutte le direzioni. Il vero non è né mio né tuo, ma esso lo
si raggiunge insieme. Chi pretende di affermare che la sua Verità è quella
giusta non è costruttore di cultura ma di caos;
5)
Nella ricerca comune ha valore
l’esperienza personale, il proprio vissuto, che va donato con umiltà quale proprio
contributo, nella convinzione che è dall’esperienza umana che nasce la vera cultura e che quando c’è esperienza
autenticamente umana c’è la possibilità di cultura autentica;
6)
Il fondamento della nuova cultura sono i
rapporti interpersonali improntati alla collaborazione, alla reciprocità, alla
ricerca comune. E’ su questa base di rapporti nuovi che maturano progetti non
confezionati a tavolino ma che
scaturiscono dal vissuto;
7)
In questo senso cultura e politica
possono coincidere, ma a patto che consideriamo la politica non come la spera
progettante della razionalità, bensì come l’azione unificante dell’intelletto
all’interno della comunità, Il primo risultato del fare cultura sarà il
comporsi delle persone in una reciprocità fatta di attenzione per ogni uomo,
per un sostegno ai più deboli, nel
rispetto della diversità di pensiero e di idee, in una autentica e se pur
sofferta ricerca comune. Per concludere: a una cultura di parole dobbiamo
sostituire una cultura di persone.
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