GIAMO RETAGGIO: MEDICO, NARRATORE E STORICO DELL'ISOLA DI PROCIDA

Giacomo Retaggio

Ci ha lasciati, pochi giorni or sono,  il Dottore Giacomo Retaggio, uno dei personaggi più amati dal popolo procidano. 

Affermato medico,  nonché scrittore, è stato per molti anni  accanto ai detenuti nel carcere funzionante fino al 1985.

Fu uno dei pochi giovani procidani che  alla fine degli anni 50 si avviò da solo agli studi di medicina per diventare uno dei più affermati medici isolani.
Nel 66  lo troviamo accanto ad Antonio Ambrosino  nella lista politica del Carroccio. Esperienza che ripeterà più volte alcuni anni dopo.

Grazie ala sua professione di medico del carcere egli venne a contatto  con una realtà molto triste che trasudava sangue e violenza,
e risentì nell'aria la tragedia che si abbatté sull'isola dopo il 1799 e di cui il carcere rappresentava l'epilogo più tragico.

Con un colpo di spugna il Re Borbone, dopo aver punito i traditori repubblicani impiccandoli nella piazza di Semmarezio, ed esiliando molte famiglie,  volle trasformare lo splendido palazzo reale in ergastolo del Regno , costringendo i cittadini ad assistere ogni giorno al  penoso e dolente trasporto degli ergastolani  dal porto fino a Terra Murata con le catene ai piedi.

Fu allora che egli percepì il grande  valore sociale e storico della tormentata vicenda ideologica  che aveva segnato nel sangue la vita e il carattere del procidano, e sentì l'urgenza di raccontare  quel passato rimosso, ma mai analizzato e che ancora aleggiava, come spettro malefico,  negli anfratti del vecchio maniero e nelle viuzze decrepite e abbandonate di Terra Murata.

Si rivelava in Giacomo Retaggio una seconda vocazione  espressa in una narrazione sociale e storica, fluida e appassionante. 

Impegno medico quindi  e impegno letterario intrecciati  in tutta la sua esistenza in un connubio amoroso che portava linfa vitale alla sua sensibilità   sanitaria e che arricchiva la popolazione dell'isola di storie di grande fascino  mai prima ascoltate.
 
I suoi libri presenti in quasi tutte le nostre case hanno aperto squarci luminosi del nostro passato,  ma anche ferite ancora sanguinanti, aprendo così nella mente e nel cuore dei procidani sentieri mai praticati, e lasciandoci intravedere  che solo rimanendo fedeli a quel passato di sofferenza poteva generarsi  una prospettiva nuova e  piena di speranza per il futuro, di cui il simbolo più evidente rimaneva espresso  nell'uomo dei dolori portato a braccio nell'evento del Venerdì Santo, immagine alla quale Giacomo Retaggio fu molto legato e a cui volle  dedicare pagine struggenti.
 
La sua prosa,  coinvolgente e ricca di introspezione psicologica,  ha portato la comunità isolana a comprendere maggiormente le sue radici, le sofferenze che la vita del mare avevano comportato, ed anche la segreta aspirazione dell'isola  ad assurgere a "luogo mitico" nell'area mediterranea.

Resta nel cuore di tanti la sua sagacia , la sua ironia sottile e pungente condita da un  humor che rendeva piacevole la sua compagnia. 

Volle aprire la sua casa per molti anni al gruppo di amici della rivista "La Rocca" che periodicamente si ritrovavano con Don Michele Ambrosino di cui era fraternamente amico.

Se la cultura di Procida oggi ha fatto qualche passo in avanti lo si deve certamente anche al suo appassionato impegno di medico e di scrittore che lo portarono  a intravedere la salvezza dell'isola solo nella fedeltà alle sue radici culturali,  riconoscendo nel processo storico degli ultimi secoli  gli errori e le conquiste, le aspirazioni e le sconfitte e in esse gettare le basi per il futuro.
 

Pasquale Lubrano Lavadera 
29-10-1944

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