Incontro con Maria Saletta Longobardo, Dirigente dell’Istituto Superiore “F. Caracciolo – G. da Procida” di Procida
Maria Saletta Longobardo, Dirigente dell' I.S. "F.Caracciolo-G. da Procida" dell'isola |
Dopo tanti anni in cui è mancata la stabilità e molti presidi si sono
avvicendati per periodi più o meno brevi, Procida ha finalmente da oltre cinque anni, alla guida dell’Istituto Superiore, una cittadina procidana, Maria Saletta
Longobado. Abbiamo affrontato con lei alcuni argomenti di vitale importanza:
Vieni da due esperienze
positive, la prima in Toscana e la seconda alla Scuola Media Capraro qui a
Procida dove avevi avviato tanti progetti. Quanto ti è costata questa nuova scelta? E come vivi
quest’esperienza?
Non sono nuova dell'ambiente scolastico isolano: conosco la maggior
parte degli alunni provenienti dalla Capraro, conosco i genitori e le
Istituzioni locali. Spero sempre che i miei intenti vadano incontro alle attese, anche se dico
subito che le soluzioni vanno ricercate
insieme al collegio docenti, alla famiglie e alle altre Istituzioni.
La nostalgia della Toscana è sempre presente e…costituisce motivo di
rabbia: perché in Toscana sì ed in Campania no. Perché quegli alunni, quei
cittadini possono avere risposte positive dalla scuola e in Campania, semmai
col doppio del lavoro, non si riesce ad offrire servizi sociali efficienti?
Costa sempre molto lasciare un’esperienza dove si sono investite energie
e professionalità anche perché quando si
lavora nel campo dell’educazione non si può mai dire: “Ho concluso”. Si
lascia sempre un percorso iniziato e i
compagni di viaggio con l’amaro in bocca. Inoltra, costa molto lasciare quando si lavora anche col cuore puntando
ai rapporti. Ho cominciato a lavorare molto giovane ed ho sempre pensato
che dovevo costruire dei legami anche sul lavoro, per evitare di ritrovarmi, un
giorno, vecchia e arida tra burocrazia e
scolastichese. Sicuramente invecchierò, ma spero di lasciare una traccia
affettiva nei ricordi degli alunni, delle famiglie e del personale scolastico.
La scuola non vive oggi un
momento felice. Grandi tagli nel personale e nei finanziamenti. Ma siamo certi
che tu saprai affrontare l’emergenza con quella progettualità creativa che ha
contraddistinto le tue passate esperienze.
L’emergenza che viviamo nella scuola non è solo materiale ma anche
emotiva. I tagli operati tolgono le risorse e contemporaneamente l’entusiasmo ai Collegi dei Docenti, al personale
ATA. Senza entusiasmo e passione nella
scuola è difficile ottenere buoni risultati. Qualche volta ho sentito un certo
risentimento nei docenti: “Il Governo, il Ministro non meritano il nostro
impegno…” Penso che si possa non credere
nel Ministro o nella linea di un Governo, ma dobbiamo fare il massimo dello
sforzo per continuare a credere in noi stessi, nel ruolo professionale
rivestito che esige un quotidiano impegno per le giovani generazioni.
Il filosofo napoletano Aldo
Masullo considera la netta separazione e distanza tra adulti e giovani uno
degli elementi fondamentali della crisi delle nostra comunità. Una sua frase:
“Senza adulti non c’è progetto, senza giovani non c’è futuro!” La Scuola
dovrebbe essere il luogo privilegiato dove convivono la progettualità degli
adulti e le spinte innovative della gioventù. Purtroppo anche nella scuola
spesso si acuisce lo scontro
generazionale. Ti sembra superabile questa fase critica e in che modo?
Per mia natura sono ottimista e
vedo il bicchiere sempre mezzo pieno e non mezzo vuoto. Per cui vedo superabile questa crisi di rapporti tra
le generazioni. E’ necessario però parlare con i giovani, confrontarsi con
loro, proporre iniziative…Credo che questa sia la strada migliore. Dire anche
no ad alcune loro richieste, sempre spiegando le motivazioni di quel no.
Guadagnare la fiducia dei giovani sapendo che non è cosa scontata e poi, cosa
non trascurabile, quando noi adulti sbagliamo dobbiamo saper ammettere
l’errore. In tal modo si cresce insieme.
Il regista Ermanno Olmi dice
che se la Scuola in tutto quello che fa non dà gioia di vivere è un’Istituzione
morta. Condividi?
Si!! Chiedo sempre ai docenti di trasmettere la gioia, la passione in
quello che fanno. Se vogliamo limitarci alla semplice e fredda prestazione contrattuale, non possiamo
trasmettere la gioia del sapere e della scoperta evitando il rischio di
accettare una quotidiana sopravvivenza professionale ed umana.
A Procida non sempre la Scuola
è il centro vitale dei processi formativi ed educativi. Eppure, dopo la
famiglia, è la prima grande esperienza sociale dei giovani. Tutti dovremmo
avere grande attenzione per l’Istituzione scolastica: non solo per le strutture
che pure sono necessarie, ma per tutto quanto l’Istituzione Scolastica
rappresenta.
Penso che l’Istituzione Scolastica debba comunicare meglio quello che
vuole rappresentare nella società, soprattutto per continuare a svolgere il
proprio ruolo nel corso dei cambiamenti
storici e politici. La scuola deve sempre chiarire bene quale posto occupi nella società e capire come essa viene
percepita dai cittadini e dalle altre Istituzioni presenti sul territorio. Mi
spiego meglio: siamo noi Istituzione Scolastica
che non dobbiamo limitarci a dichiarare la nostra identità, il servizio
che vogliamo offrire, il ruolo sociale al quale aspiriamo, ma
dobbiamo domandarci se e come la
nostra mission venga percepita dalle
utenze. Se la risposta fosse negativa dovremmo riorganizzare la nostra mission e far di tutto per comunicare meglio ai cittadini il ruolo sociale che la scuola intende occupare.
Le famiglie si pongono alcune
volte come antagoniste dell’Istituzione scolastica e non come alleate, e questo
crea danni talvolta irreparabili nei ragazzi e nei giovani. Si può far qualcosa
per superare questo atteggiamento?
Si può e si deve fare moltissimo per eliminare questa distanza tra
Scuola e famiglie. Dobbiamo intanto parlare di più con loro e non limitarci
alla comunicazione del rendimento quadrimestrale. E’ compito della scuola
comunicare cultura a 360 gradi, coinvolgendo le famiglie in dibattiti sociali,
percorsi teatrali, cinematografici, artistici, di ricerca. La scuola deve
essere uno spazio vitale di incontri con le famiglie, attraverso i quali si
possa offrire un ventaglio di contenuti da utilizzare nella vita, che aiutino a capire la complessità del nostro
tempo, a risolvere i problemi educativi
che la famiglia è chiamata ad affrontare. La scuola non è solo il luogo dove si
dà un voto agli alunni, ma è uno spazio
vivo di ricerca comune, di collaborazione fra
alunni-genitori-docenti e territorio dal momento che non esistono
ricette educative vincenti.
Una mattina Procida si è svegliata ed ha costatato con
dolore che tutta una strada, la più bella - il belvedere sulla Chiaia -, che
sfortunatamente è stata riaperta al traffico, era coperta di scritte nere: sia
la pavimentazione che i muri. L’episodio non è stato stigmatizzato dalla
comunità, non c’è stata lettura di quella comunicazione che in malo modo “i giovani della notte”
lanciavano a tutti noi.
I giovani vogliono
comunicare e lo sanno fare in tanti modi. Purtroppo noi adulti alcune volte
siamo fermi a valorizzare quel linguaggio,
orale o scritto, che conosciamo meglio. Gli apporti della psicologia in chiave biologica e delle neuroscienze ci parlano di diversi tipi di intelligenze
che necessitano di altrettanti percorsi di pensiero. Se la scuola e il mondo
adulto privilegiano solo i tradizionali canali comunicativi, codificati in
pochi tipi di linguaggi, non
riescono ad entrare in rapporto
con i giovani impegnati a superare una quotidiana incomunicabilità in un
momento storico caratterizzato da un evidente ipercomunicazione. Il pensiero dei giovani, si esprime in molteplici linguaggi,
recuperando quei saperi di frontiera che spesso istituzionalmente non vengono
né considerati né valutati. In questa terra di nessuno caratterizzata da
numerose sollecitazioni alla comunicazione e all'ipercomunicazione accade che
il pensiero ricerchi nuovi codici e si esprima come può. su grandi spazi con
una bomboletta di vernice.
Sappiamo tutti che la gioventù
procidana è stata toccata dal triste fenomeno della droga. Molti tentativi
avviati ed abortiti. Molti i giovani che
continuano in questa triste esperienza. E’ compito dell’Istituzione Scolastica
farsi carico di questo fenomeno che ha procurato già molte morti?
La scuola non può e non deve ignorare questo aspetto. Logicamente ha
bisogno di intese istituzionali e deve
attuare scelte decise anche se possono apparire impopolari. Se vogliamo
aiutare i nostri giovani e fortificare il loro carattere dobbiamo avere più
fiducia nelle loro capacità, sapendo che tutti abbiamo necessità di regole e di
comportamenti decisi. Occuparsi dei giovani manifestando interesse anche per le piccole cose che
spesso diamo per scontate tollerandone la mancanza e allo stesso tempo
disconoscendone il valore che esse rivestono nel generale quadro di contenuti, aspirazioni, affetti di
cui ognuno, giovane o adulto, ha bisogno. Per esempio dobbiamo chiedere ai
giovani di arrivare a scuola in orario, possibilmente a piedi, utilizzando il mezzo pubblico; durante le
lezioni è necessario assumere un comportamento corretto e pretendere dalla
Scuola una formazione adeguata alle domande del mondo del lavoro o
Universitario .In questo bisogna avere la collaborazione delle famiglie, dal
momento che la Scuola offre comprensione
e sostegno ma anche regole e divieti. Sono convinta che fortificando le personalità dei nostri
giovani diamo loro la possibilità di
sconfiggere l'indifferenza, l'apatia e
tutte le forme di assuefazioni a droghe, alcol ed altro
Da più parti si dice anche che il decadimento culturale e ambientale
dell’isola è dovuto essenzialmente ad una scissione netta tra bene personale e
bene collettivo. Ciò che è personale viene difeso, ciò che è collettivo viene
trascurato. Vediamo infatti che i grandi problemi sociali che investono tutti
restano irrisolti e non si riesce ad affrontarli. – droga, traffico,degrado
ambientale, mancanza di lavoro e mi fermo a questi…- Recuperare il senso profondo del bene comune,
potrebbe essere questo uno degli obiettivi primari della scuola?
Sicuramente si tratta di uno
degli obiettivi primari. L’uomo è un essere sociale ed esprime questa sua
socialità in un corretto rapporto con gli altri esseri e con l’ambiente che lo
accoglie. Aver cura di ciò che è un bene di tutti è fondamentale per un buon
funzionamento della società.
Noi operatori scolastici lavoriamo in una posizione privilegiata in tal
senso, perché lavoriamo a Scuola e la Scuola
non è di un singolo ma è di tutti, è un bene comune primario. Per cui è nostro
compito aiutare i giovani e le famiglie a recuperare il senso profondo di questo bene comune nel
senso più completo della parola non solo
come distributore di diplomi o di pasti
caldi. La scuola è lo spazio dover impariamo a stabilire corretti rapporti
attraverso un concreto confronto generazionale. Ogni struttura scolastica esiste in funzione di questo, dalle aule ai
laboratori alla biblioteca. Se il giovane percepisce questo certamente non
distruggerà l’ambiente scolastico ma lo valorizzerà col proprio personale
contributo. Naturalmente affinché si possa innescare tale processo virtuoso è
necessario l'impegno non solo del Dirigente scolastico ma dell'intera Comunità scolastica
Ma perché tutto questo si
realizzi è necessario un riferimento costante alla Comunità e alle Istituzioni
politiche.
Ogni scuola deve mettere in atto
una propria politica scolastica che risponda alle esigenze della comunità,
confrontandosi con l’Istituzione
politica amministrativa eletta dai cittadini che, al pari della Scuola è
chiamata a rispondere alle esigenze del
territorio. Siamo chiamati a dialogare con l’Istituzione politica, indipendentemente
dal colore partitico. Sono altri gli spazi in cui i cittadini scelgono i rappresentanti istituzionali ai quali
affidare la gestione della res publica. L’Istituzione, eletta democraticamente, ha
una sua funzione ed è a questa funzione istituzionale che la Scuola si riferisce per la realizzazione del proprio
Piano dell'Offerta Formativa.
a cura dell’Associazione Culturale Isola di Graziella
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