IL CANTO DEL CASTRATO di GIOVANNA MOZZILLO

La scrittrice Giovanna Mozzillo

 Giovanna Mozzillo nel romanzo Il canto del Castrato, Marlin Editore, ci presenta una storia affascinanante.

Fascino  che deriva dalla trama avvincente e ricca di suspence ma anche dal linguaggio che la Mozzillo ha creato, un linguaggio  molto vicino all'epoca  in cui si svolge la vicenda, il 600.

Il titolo, sulle prime, potrebbe fuorviare anche perché il castrato è un termine in disuso oggi, in quanto gli uomini difficilmente qui da noi vengono castrati e privati del potere di generare un figlio.

Lo usiamo solo alcune volte quando andiamo dal macellaio per chiedere un tipo particolare di carne, il castrato appunto.

Un uomo viene oggi castrato solo per una malattia grave.Invece nei secoli passati si usava questa abominevole pratica per conservare la voce angelica dei bambini maschi.

Il nostro Castrato del romamzo della Mozzillo, di nome Federico e in arte Caffarello, con la sua meravigliosa voce incanta il cuore della protagonista assoluta del romanzo, la bellissima e giovane Lucrezia di nobile famiglia, e intornmo a questo amore contrastato si snoda una vicenda  a dir poco rocambolesca, irta di pericoli e di violenze perpretate soprattutto dagli uomini nei confronti delle donne.

La prospettiva  in cui si muove la vicenda appare subito fin dalla prima pagina allorquando La Mozzilla presenta la figura del nobile duca, padre di Luucrezia, dedito soprattutto all'esercizio brutale della sua sessualità sfrenata sulla povera moglie Ippolita, con ferocia più che animalesca.

Oltre a Lucreazia  dominano la scena la madre Ippolita e il prete don Cosimo seguace della dottrina di Giordano Bruno e in aperta sfida a norme ecclesiatiche coniugate sulla grammativa del potere  anziché alla grammatica evangelica.

Non voglio dilungarvi nel raccontare la storia che spetta al lettore assaporare e scoprire pagina dopo pagina. Dirò solo che è storia di passioni, di violenze familiari, di brutalità, di amore  nobile e generoso, di prudenza e coraggio, di pudicizia e impudicizia ma in una visione propsettica ben definita: il bene va perseguito con forza e determinazione anche a costo di pagare con la vita. E questo mi sembra l'assunto più coinvolgente che la Mozzillo ha voluto offrirci con queste pagine.

Di fronte ad una Chiesa chiusa nel potere temporale, assillata  dal mantenimento della dominzazione, lei propone la strada della verità nella coscienza degli uomini. E la ringrazio per questo in quanto sono più che mai convinto che la coscienza deve tornare ad essere la bussola del vivere umano sia individuale che collettivo.

Fra le tante  aberrazioni di ieri ma anche oggi presenti:   la supponenza di conoscere e poter svelare il mistero e, per tornare in modo esplicito al romanzo,  il non riconosimento che Dio abita ovunque e che il mistero è insondabile. Quanti delitti compiuti per assolvere a questa supponenza.

La fede diventa mostruosa quando è cieca e chiusa nei meamdri oscuri  della dominazione, poco aperta al prossimo  e chiusa in quelle parate liturgiche che accecano e stordiscono l'intima speranza al bene che è il nucleo  centrale della vera fede.

Molto presente in alcune pagine il tema del dolore  trattato con finezza psicologica e con quell'intuito femminile sagace e lieve che lievita in esperienza  vitale.

La vicenda pur lontana nel tempo, come dicevo prima, la si sente vicina, e si segue con ardore il destino ora tragico ora lieto dei personaggi  sentendoli palpitare con la loro anima con i loro desideri i loro bisogni vitali.

In questo senso è un libro attualissimo perché ci porta a comprendere che, senza una conoscenza vera dei , l'uomo e la donna restano limitati e limitanti perché non riusciranno mai a capire quei bisogni profondi dell'anima e del corpo  che vanno soddisfatti per un matura e piena umanizzazione.

Ho sentito nelle pagine della Mozzillo quasi l'urgenza di denunciare il male compiuto da una società maschilista che non ha saputo comiugare la sessualità con l'amore, l'amore con la tenerzza, la tenerezza  con  la fraternetà e l'uguaglianza

"Uomini, e cito un brano del libro,  indotti dalla stoltezza e dalla smania di prepotenza a emanare norme  perpetuate di secolo in secolo per permettere sempre al maschio di prevaricare sulla femmina, al ricco di angariare il povero, al potente di strapazzare l'indifeso."

Prepotenza e dominazione  che hanno determinato un sistema sociale dove violenza, senso di colpa, punizioni, giudizio e conflitti, guerre ed estrema spietatezza, sono diventati parametri accettati e praticati più o meno ovunque ancora oggi.

La Mozzillo, come dicevo, ha coniato un linguaggio particolare per questo libro ora aulico ora picaresco ora crudo  dosato però con una magistrale sapienza compositiva  per trasportarci nell'alveo effervescente in cui si dipana la struggente storia: una straordinaria inaspettta insolita audace storia di amore.

Non credo di sbagliarmi se dico che questo romanzo di Giovanna Mozzillo è da annoverare tra i più belli e significativi di questo ultimo decennio per la densità di contenuto, per la bellezza della composizione  e per lo stile originalissimo che lo rende godibile e significativo in ogni pagina.

Alla chiusura del libro sono ritornato sul titolo e ho colto la valenza simbolica di esso. La violenza perpetrata sull'uomo può avere una duplice reazione: violenza chiama violenza, violenza  chiama non violenza. La Mozzillo sceglie la seconda strada,

 Il canto del castrato sta simbolicamente a indicarci una strada da percorrere: non opporre alla violenza altra violenza ma  una strada armoniosa e struggente, forte e ardita: quella della bellezza e dell'arte e soprattutto della propria coscienza percorsa da uomini grandi come Cristo, Gandhi Mandela anche a costo della vita.

Un libro storico,  un libro sul sociale, un libro psicologico e sulla dimensione religiosa del vivere. Tutto questo e forse anche di più questo straordinario libro di Giovanna Mozzillo che fonde mirabilmente queste varie dimensioni della vita  per parlare direttamente al nostro cuore.

 

Pasquale Lubrano Lavadera

 

Scheda

Giovanna Mozzillo ha vissuto e lavorato a Napoli per lunghi anni, pubblicando il suo primo libro nel 1994 Le alghe di Posillipo.

Nel 1995 Tempo di cicale,  e nel 1999 Recita napoletana (Premio Naples in the World.

Nel 2001 La Signorina e l'amore , finalista al premuo Morante.

La sua presenza in campo letterario è stata costante con altri romanzi e saggi signigficativi.

Tra questi ultimi nel 2014 ha curato un lavoro collettivo  di qgrande importanza: La guerra e le bambine, sedici nonne raccontano

E infine nel 2017 Ritono in Egitto.

Ha collaborato e collabora a varie riviste culturali e quotidiani tra i quali il Corriere del Mezzogiorno.

 


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