"Per amore del mio popolo - Don Diana" un film da rivedere
Le
parole di Giovanni Paolo II, il 9 maggio 1993, nello splendido scenario della
Valle dei Templi, ad Agrigento, rivolte alle comunità ecclesiali della Sicilia,
esortavano ad una coraggiosa testimonianza esteriore per una convinta condanna
del male: “Una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è cultura di
morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità delle persone
e della convivenza civile”.
Parole che suonarono come un esplicito
invito a impegnarsi sempre più per una cultura di amore e di giustizia nella
legalità.
Tale invito fu accolto con gioia dal giovane
sacerdote don Peppe Diana, di Casal di Principe, in provincia di Caserta,
impegnato da anni a combattere a viso aperto l’analoga triste realtà della camorra in Campania.
Purtroppo quell’invito caldo ed accorato non
riuscì a fermare, di lì a pochi mesi, la mano degli assassini che lo colpirono al volto con alcuni
colpi di fucile il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico mentre si
apprestava a celebrare la messa.
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Un altra scema del film |
Il film ci porta a Casal di Principe negli anni 80-90 e
ripercorriamo i momenti fondamentali della vita di don Diana, le tappe
salienti della vocazione sacerdotale, l’impegno con l’Agesci, la missione
pastorale nella parrocchia di San Nicola, la spinta a combattere la violenza
della camorra fino al martirio.
Ne viene fuori un film appassionato e
coinvolgente, bene interpretato e di grande impatto, che avvince e commuove per
l’ottima resa artistica di tutti gli interpreti.
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Alessandro Preziosi |
Don Peppe Diana avverte dentro di sé la spinta a dare con la
propria vita una risposta all’invito della sua Chiesa, mettendosi a servizio di
tutti, ma in modo particolare di quegli uomini e donne che, irretiti nella
cultura di morte prodotto dalla camorra, avevano perso la propria dignità di
persone libere e in cammino.
Da quel momento, egli diventa testimone costante di un impegno
pastorale che non dimentica mai la triste realtà della sua terra. E per questo
pagherà con la vita.
Straordinaria la scena in chiesa in cui Don
Diana non dà l’Eucaristia ad uno dei
capi della camorra. Mai nessuno aveva osato tanto. Ma non era stato così anche per Gesù? E per i profeti?
Il film induce anche una riflessione sul collegamento tra camorra e politica e di
come sia quasi impossibile sconfiggere la camorra senza rinnovare la politica.
Come ha ricordato Rosy Bindi, Presidente della Commissione antimafia,
all’anteprima nazionale del film tenutasi alla Camera dei Deputati: “Le mafie
sono forti lì dove è debole la politica, che magari è pure complice, ma
soprattutto quando nei territori non assicura i diritti fondamentali: scuola
lavoro, salute, ambiente sano, cultura”.
A riguardo c’è una scena che penso sia una
delle più belle dal punto di vista recitativo – anche se è difficile trovare
qualche scena che non sia riuscita – ed è quella in cui don Diana si reca dal
suo vescovo per dirgli che lui avrebbe appoggiato esplicitamente una lista
civica che si ispirava al suo lavoro per
sconfiggere la camorra, nata dopo la scoperta sconcertante del coinvolgimento
del Sindaco uscente negli affari camorristici. Una scena di grande maestria
resa nella sua valenza ecclesiale
prima che sociale.
Don Diana comprende che più grave della
camorra è la corruzione politica a tutti
i livelli, convinto che senza una
politica onesta, disinteressata, gratuita, lontano da ogni gioco subdolo di
potere, la società sarebbe sempre stata schiacciata e indebolita dall’ipocrisia, dal malaffare,
dalla corruzione.
E in
questo, bisogna dar atto che Preziosi ci ha offerto una performance ad
altissimo livello, dove anima, arguzia interpretativa espressa dai gesti e
dalla parola hanno dato la misura di dove può arrivare la comunicazione attraverso l’arte.
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Don Diana con l'Agesci in una scena del film |
La Chiesa – grida con forza nel film don
Diana- non può disinteressarsi dei
bisogni dei più poveri, non può vedere i propri figli ammazzati e fingere di
non vedere, non può assistere impotente alla commistione tra legalità e
illegalità, alla confusione nella mente dei cittadini, alla povertà di valori di tanta politica e
limitarsi ad offrire incenso, luci e
botti, estatiche liturgie o miagolii pseudoteologici. La Chiesa ama il suo
popolo e di conseguenza si prende cura dei suoi bisogni primari.
Un
film che scuote, con la sua forza drammatica, le nostre
coscienze. E ci ricorda che rinnovare la
memoria delle vittime della mafia e della camorra – come ha testimoniato anche Papa Francesco con la sua
partecipazione alla veglia di preghiera con don Ciotti - è l’unico modo possibile per farle rimanere
vive tra noi; e la memoria resa viva da una mediazione artistica presenta un
valore aggiunto perché crea suggestione,
smuove l’intimo, inquieta, coinvolge
totalmente, chiede un cambiamento, provoca una intima conversione. I
Pasquale
Lubrano Lavadera
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