"Per amore del mio popolo - Don Diana" un film da rivedere

   
Alessandro Preziosi è don Diana  nel film "Per amore del mio popolo" di Antonio Frazzi
Le parole di Giovanni Paolo II, il 9 maggio 1993, nello splendido scenario della Valle dei Templi, ad Agrigento, rivolte alle comunità ecclesiali della Sicilia, esortavano ad una coraggiosa testimonianza esteriore per una convinta condanna del male: “Una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è cultura di morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità delle persone e della convivenza civile”.
   Parole che suonarono come un esplicito invito a impegnarsi sempre più per una cultura di amore e di giustizia nella legalità.
  Tale invito fu accolto con gioia dal giovane sacerdote don Peppe Diana, di Casal di Principe, in provincia di Caserta, impegnato da anni a combattere a viso aperto l’analoga  triste realtà della camorra in Campania. 
   Purtroppo quell’invito caldo ed accorato non riuscì a fermare, di lì a pochi mesi, la mano degli assassini  che lo colpirono al volto con alcuni colpi di fucile il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico mentre si apprestava a celebrare la messa.
  
Un altra scema del film
A ricordare oggi la vita di don Peppe Diana è stato un interessante film, Per amore del mio popolo, prodotto da Giannandrea Pecorelli per Aurora Film e diretto con acutezza e senza sbavature agiografiche da Antonio Frazzi, trasmesso da poco su RAI 1. Nei panni di don Diana  il bravo  Alessandro Preziosi: un ruolo fortemente voluto dall’attore, tanto da definirlo il più importante della sua carriera.
   Il film ci porta  a Casal di Principe negli anni 80-90  e  ripercorriamo i momenti fondamentali della vita di don Diana, le tappe salienti della vocazione sacerdotale, l’impegno con l’Agesci, la missione pastorale nella parrocchia di San Nicola, la spinta a combattere la violenza della camorra fino al martirio.
   Ne viene fuori un film appassionato e coinvolgente, bene interpretato e di grande impatto, che avvince e commuove per l’ottima resa artistica di tutti gli interpreti.
  
Alessandro Preziosi 
 Fra tutti emerge l’interpretazione di Preziosi che entra nei panni di don Diana con sapiente equilibrio, tratteggiando con acutezza psicologica  la dimensione umana e spirituale di un prete che, nel riferimento costante  al Vangelo compie la scelta dei più poveri: ogni passaggio,  ogni azione,  ogni  parola dell’artista scaturiscono da un profondo calarsi in una dimensione d’anima che va al di la del tempo e dello spazio
  Don Peppe Diana avverte dentro di sé la spinta a dare con la propria vita una risposta all’invito della sua Chiesa, mettendosi a servizio di tutti, ma in modo particolare di quegli uomini e donne che, irretiti nella cultura di morte prodotto dalla camorra, avevano perso la propria dignità di persone libere e in cammino.
   Da quel momento,  egli diventa testimone costante di un impegno pastorale che non dimentica mai la triste realtà della sua terra. E per questo pagherà con la vita.
   Straordinaria la scena in chiesa in cui Don Diana  non dà l’Eucaristia ad uno dei capi della camorra. Mai nessuno aveva osato tanto. Ma non  era stato così anche per  Gesù? E per i profeti?
   Il film induce anche una riflessione  sul collegamento tra camorra e politica e di come sia quasi impossibile sconfiggere la camorra senza rinnovare la politica. Come ha ricordato Rosy Bindi, Presidente della Commissione antimafia, all’anteprima nazionale del film tenutasi alla Camera dei Deputati: “Le mafie sono forti lì dove è debole la politica, che magari è pure complice, ma soprattutto quando nei territori non assicura i diritti fondamentali: scuola lavoro, salute, ambiente sano, cultura”.
    A riguardo c’è una scena che penso sia una delle più belle dal punto di vista recitativo – anche se è difficile trovare qualche scena che non sia riuscita – ed è quella in cui don Diana si reca dal suo vescovo per dirgli che lui avrebbe appoggiato esplicitamente una lista civica che si ispirava  al suo lavoro per sconfiggere la camorra, nata dopo la scoperta sconcertante del coinvolgimento del Sindaco uscente negli affari camorristici. Una scena di grande  maestria  resa nella sua valenza ecclesiale  prima che sociale.
   Don Diana comprende che più grave della camorra è la corruzione politica  a tutti i livelli, convinto che  senza una politica onesta, disinteressata, gratuita, lontano da ogni gioco subdolo di potere, la società sarebbe sempre stata schiacciata  e indebolita dall’ipocrisia, dal malaffare, dalla corruzione.
   E in questo, bisogna dar atto che Preziosi ci ha offerto una performance ad altissimo livello, dove anima, arguzia interpretativa espressa dai gesti e dalla parola hanno dato la misura di dove può arrivare la comunicazione  attraverso l’arte.
Don Diana con l'Agesci in una scena del film
   La Chiesa – grida con forza nel film don Diana-  non può disinteressarsi dei bisogni dei più poveri, non può vedere i propri figli ammazzati e fingere di non vedere, non può assistere impotente alla commistione tra legalità e illegalità, alla confusione nella mente dei cittadini,  alla povertà di valori di tanta politica e limitarsi ad  offrire incenso, luci e botti, estatiche liturgie o miagolii pseudoteologici. La Chiesa ama il suo popolo e di conseguenza si prende cura dei suoi bisogni primari.
   Un film  che scuote,  con la sua forza drammatica, le nostre coscienze. E ci ricorda che rinnovare  la memoria delle vittime della mafia e della camorra – come ha testimoniato  anche Papa Francesco con la sua partecipazione alla veglia di preghiera con don Ciotti -  è l’unico modo possibile per farle rimanere vive tra noi; e la memoria resa viva da una mediazione artistica presenta un valore aggiunto  perché crea suggestione, smuove l’intimo, inquieta, coinvolge totalmente, chiede un cambiamento, provoca una  intima conversione. I
Pasquale Lubrano Lavadera
 


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