Zuffe in Parlamento - Dove è finita la democrazia?

Zuffa in Parlamento nel 2014 
Il parlamento non riesce ad eleggere i due nomi per la Consulta. Quale il motivo di fondo? Un motivo serio? Una difficoltà reale? Un inceppo costituzionale? O semplicemente un’estrema debolezza del sistema partitico attuale?
Da quanto è accaduto in questi mesi possiamo constatate che la motivazione di fondo è la contrapposizione tra  i partiti, e di conseguenza non si raggiunge mai il quorum previsto per l’elezione.
E’ proprio di ieri la notizia che Alessandra Sandulli, Docente di Diritto Amministrativo, viene giudicata negativamente da un partito perché qualche anno fa la Sandulli ha espresso critiche alla riforma della giustizia presentata al Parlamento quando quel partito era al governo.
Ma questo non lo faceva Mussolini  negli anni 30 quando negava diritti a chi aveva espresso critiche al suo operato? Fece scalpore negli anni 30 l’opposizione di Mussolini al premio dell’Accademia letteraria italiana allo scrittore Marino Moretti, perché costui aveva firmato il manifesto di Benedetto Croce contro le scelte del Governo fascista.
Pensavamo che con la democrazia questo pericolo fosse scongiurato ed invece ecco che lentamente esso si ripresenta in un sistema politico come il nostro che giudichiamo democratico.
L’origine di questa deriva  è, a parer nostro, nel fatto di aver tacitamente approvato la contrapposizione in Politica tra la maggioranza e la minoranza. A tal punto che oggi  è invalso l’uso di chiamare la minoranza con il nome di “opposizione”.
Se si legge con attenzione la nostra Carta Costituzionale la minoranza al pari della maggioranza ha il dovere di concorrere al bene comune e non alla lotta agli avversari..
Infatti oggi vediamo spesso le nostre aule consiliari, regionali e parlamentari ridotte a tribune di tafferugli, di oscene manifestazioni di dissenso e di aggressioni, nell’incapacità più assoluta di dialogo e di ascolto reciproco.
Addirittura per l’elezione dei due membri della Consulta non si trova soluzione in quanto vien considerato indegno dai membri di un partito chi ha lavorato in un altro partito.
Occorre pertanto  affermare con forza il superamento di tale stallo, a causa di un pregiudizio degenerativo e fortemente diseducativo per l’intero popolo italiano.
Bisogna considerare e giudicare  chi lavora in un partito diverso dal mio, degno quanto me. E valutare la sua eleggibilità in base all’impegno, all’onestà, alla lealtà, alla giustizia e alla trasparenza, indipendentemente  dalla scelta che sta alla base del suo impegno politico
Si continua, invece, con estrema imprudenza a chiedere un tandem “super partes”, e lo si chiede con orgoglio come se l’essere di parte sia un obbrobrio, una grave colpa, una grossa deficienza.
Va invece stigmatizzato questo parlare di “super partes” come affermazione molto pericolosa, perché subdolamente vanifica l’idea stessa di un sistema democratico  che a differenza della dittatura poggia le sue basi sul valore della diversità. La democrazia esalta, illumina, approva, gioisce per la presenza delle varie parti nel parlamento e delle diversità di scelte.
Il dramma nasce proprio quando queste parti si combattono come in guerra. E noi, purtroppo, ci stiamo assuefacendo alle “guerre” di politica come dinanzi ad una normalità, in silenzio, contribuendo così, inconsapevolmente, a considerare come normale la “guerra” tra i cittadini in ogni ambito civile e lavorativo.
Di qui la grande necessità di riscoprire il principio della fraternità in politica come base fondante della democrazia, e agire in conseguenza di esso.


Pasquale Lubrano Lavadera 

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