Quando un territorio si apre al cinema - Incontro con Michelangelo Messina
“Cineturismo”, Ischia Film
Festival, un’avventura culturale che inizia 10 anni fa. Raccontaci qualcosa di
questo tuo sogno.
Fin dall’inizio ho condiviso con
mia moglie Enny il progetto, e lei mi è stata accanto nella fase di
preparazione e successivamente. Avevamo
intuito che, culturalmente, poco attenzione c’era stata nella storia del cinema
al valore della location: gli studi
su questo rapporto film-location sono cominciati piuttosto tardi, solo negli
anni 70, né c’era a livello europeo, e penso neanche a livello mondiale, un festival che ponesse
questo rapporto al centro dell’attenzione. D’altra parte vivendo in un isola
turistica come Ischia che aveva offerto
le sue scenografie naturali a film di grande impatto come “Il Corsaro
dell’isola verde” e “Cleopatra”, ci è
venuto naturale il pensiero che poteva esserci uno stretto collegamento tra il
cinema e lo sviluppo turistico di una location, di qui quel termine “Cineturismo”
che ha cominciato a lavorare nella nostra mente fino a diventare progetto
“Cinema &Territorio”.
Ci sono stati problemi alla partenza?
Il prima problema che si è presentato era
quello relativo al reperimento di fondi. La nostra unica ricchezza era nelle
idee e nel grande amore per questo mezzo di comunicazione che è il cinema. Ed abbiamo
così sperimentato che quando si lavora con passione, anche l’intelligenza viene
illuminata e si individuano quelle risorse che possano dare vita concreta a
quanto si è pensato.
Che taglio avete dato al vostro Festival?
Per la verità non ero estraneo a
questo mondo, avendovi lavorato per oltre sette anni come assistente alle
comparse e alla produzione. Ma capivamo che per questa nuova avventura
occorreva fare delle scelte oneste e
trasparenti, senza prendere scorciatoie pericolose, al di là di ogni forma di star worship. Non ci interessava
quel red
carpet caro a tanti personaggi del cinema e di certa politica; volevamo parlare di cinema nei suoi
aspetti sociali e territoriali, in controtendenza a tanti più o meno importanti
festival dove domina essenzialmente il
mercato e il denaro.
Cosa vi sta più a cuore in questo vostro lavoro?
A noi interessano le relazioni umane
in uno spirito di dialogo autentico, all’interno di una determinata cornice
ambientale. E’ questo incontro aperto e fraterno tra artisti di paesi diversi di culture diverse la forza del nostro
festival. Per questo ci è stata di grande aiuto trovare la disponibilità della
Direzione del Castello Aragonese, un posto magico di incantevole bellezza,
ideale per la manifestazione che avevamo in mente. Ci hanno confortato le
parole di Mario Monicelli, uno dei primi registi intervenuti al Festival, il
quale ha colto il senso profondo di quanto si voleva realizzare e ci ha
incoraggiati: “Qui il cinema è il protagonista non lo star system e il tutto
viene vissuto con una stupefacente semplicità”.
Ti sembra che questi obiettivi di fondo siano stati raggiunti in questi
primi dieci anni?
Abbastanza anche se il primo periodo
è stato soprattutto di studio. Ci rendevamo conto, dai dati statistici,
che il cinema è il più grande e potente
strumento di comunicazione. E’ scientificamente provato che quando un individuo
sta in una sala buia senza altre distrazioni, assorbe 5 volte di più il messaggio
rispetto ad altre situazioni, per cui le emozioni, le suggestioni che si
ricevono al cinema sono molto più durature
rispetto a quelle ricevute dalla televisione, da internet. Le immagini, le
scenografie i sentimenti di una storia si incidono maggiormente nell’animo dello
spettatore. Anche la bellezza di un luogo
E oggi?
Oggi continuiamo a dare il nostro
contributo al mondo del cinema, portando
in evidenza questo forte rapporto che
c’è tra cinema e territorio, che si sviluppa soprattutto in due direzioni: da una parte posso attrarre in un certo
territorio quelle persone rimaste legate ad un’emozione filmica di tipo visivo, dall’altra c’è la possibilità,
guardando, un film di riscoprire ancor
di più la bellezza e il valore culturale di un territorio. Viene un turista
sull’isola di Procida per una semplice
vacanza e poi vede il film “L’isola del postino”, allora scopre ancora di più
l’isola, alcune sue caratteristiche come la cultura marinara o altro e se ne
innamora ancora di più. Entra in certo modo più in profondità in quel
territorio scoprendone valori culturali e sociali.
Pasquale Lubrano Lavadera
Commenti
Posta un commento