LA CAPITANA

Carriere aperte e alla pari per
uomini e donne. Anche nella marineria. Per Procida non è la prima volta. Fino a qualche mese fa il comandante
del porto era una donna, Flavia La Spada. Nella seconda metà dell’800 a comandare
un veliero fu Maria Luisa Ambrosino. Una donna passata alla storia della
marineria procidana come La Capitana.
Maria Luisa, appena ventenne,
andò in sposa al capitano Domenicantonio Scotto di Santillo, detto ‘O Surdo e
Cusiello, il quale, ancor giovane e nel pieno della sua attività, si ammalò in
navigazione. Fu lei a veleggiare fino a Falmouth il bastimento, del quale lei e
il marito erano armatori e proprietari. Da quel giorno lo affiancò nella
navigazione e spesso lo sostituì in tutti gli adempimenti del comando per
evitare che gli fosse impedito di navigare.
Una storia che è stata scritta più
volte, ma che è viva soprattutto nei racconti di quanti l’hanno ascoltata in
diretta dai genitori e dai nonni.
La narrava a noi nipoti il suo
terzo marito, mio nonno materno, Michele Mazzella di Bosco, orgoglioso di avere
avuto per consorte la bella Capitana e di aver navigato tante volte con lei,
affidandole il comando.
Raccontava che, morto il primo
marito, Domenicantonio, donna Maria Luisa era passata a seconde nozze sposando
un medico procidano, appartenente alla facoltosa famiglia dei Mignano, che
hanno legato il loro nome allo splendido palazzo con discesa a mare che fu la pensione
“Eldorado” e successivamente “I
giardini di Elsa”.
Poi, dopo la morte anche del
secondo marito, ancora attraente e altera, Maria Luisa passava a terze nozze
con un capitano di lungo corso, comandante e armatore, Michele Mazzella di
Bosco.
Una storia che desta meraviglia,
se si pensa che anche Michele ha avuto una triplice esperienza matrimoniale. Aveva perso la prima
moglie Louise, che, conosciuta e sposata a Marsiglia, gli aveva dato tre figli.
Si era risposato con la bella Maria Luisa, che, poi, sarebbe morta di colera
durante l’epidemia che falciò vittime anche a Procida. Ed infine, in terza
battuta, ne aveva sposato la sorella Emilia, che peraltro in dote gli portava un
palazzo a S. Giacomo, ma anche una sorella nubile, anzi monaca di casa,
Concetta, che viveva con lei.
Tre mogli e tre mariti a testa,
una storia singolare per quei tempi, quando a interrompere matrimoni non erano
le separazioni e i divorzi, ma la morte di uno dei coniugi.
Una storia che ci insegna come le
donne, parità a parte, hanno sempre
saputo amare e comandare come gli uomini.
Anna
Giordano
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