Procida, la potremmo trattare meglio!
Intervista a Diego di Dio
Tra i giovani procidani impegnati culturalmente Diego di Dio occupa uno spazio particolare per i numerosi libri pubblicati e i riconoscimenti ottenuti. Gli abbiamo rivolto qualche domanda sulla sua vita e su Procida
Sappiamo
del tuo successo in campo letterario. Ci racconti un po' questa tua esperienza?
Be',
come in tutte le cose, secondo me anche nello scrivere ci vuole una commistione
tra umiltà e determinazione. Da un lato, l'umiltà di imparare, migliorare e
crescere grazie ai consigli di chi ne sa più di te e, dall'altro, la
determinazione di inseguire un sogno che nessuno vede, tranne te.
Scrivere
significa avere l'immaginazione di un bambino e le spalle di un gigante, per
sopportare molte più sconfitte che vittorie: le prime aiutano a crescere, le
seconde meno.
Io
ho scritto da sempre, da quando ero bambino (disegnavo fumetti di improbabili
supereroi), ma diciamo che il mio ingresso nel mondo editoriale vero è avvenuto
nel 2011, quando ho vinto il Premio Mario Casacci.
Da
allora, ho avuto altri riconoscimenti (da ultimo, il premio Writers Magazine
Italia) e ho collezionato pubblicazioni importanti, ma tutto ciò è solo un
punto di partenza, mai di arrivo. Nel mio intimo, non è cambiato niente.
Si
concilia questa tua passione letteraria con gli studi giuridici che porti
avanti?
Diciamo
che si concilia perché trovo il modo di farle conciliare. Ovviamente lo stress
lo avverto. Dopo una giornata passata sui libri di diritto, mettersi a lavorare
sui manoscritti di altri o a scrivere storie proprie (o, spesso e volentieri,
fare entrambe le cose) richiede non solo passione, ma anche disciplina. La
volontà, in questi casi, è tutto. Se non hai l'energia e la forza per credere
nel tuo sogno, non troverai nessuno che ci crederà al posto tuo.
Quale
è la tua visione di Procida oggi?
Io
sono innamorato di Procida. Non a caso, molte delle mie storie sono ambientate
proprio qui. Certo, è una piccola isola, e quindi ha pregi e difetti. Diciamo,
però, che l'ho sempre vista come un'isola su generis: i ricambi
generazionali sono stati decisivi e oggi, rispetto a qualche decennio fa, le
cose sono molto cambiate. Non sono un nostalgico, quindi diciamo che per certi
aspetti l'isola è migliorata, per altri peggiorata. Direi che la potremmo
trattare meglio, questo sì.
Quali
i problemi più gravi che andrebbero affrontati con urgenza?
I problemi sono tanti, e tutti di natura diversa. Si
va dal traffico alla cura del territorio, dalle problematiche giovanili al
rapporto genitori-figli, dalla droga alla mancanza di sbocchi. L'elenco sarebbe
lungo, ma io preferirei concentrarmi nell'ambito che più mi appassiona, quello
culturale.
Gli eventi culturali di nota ci sono, ma potrebbero
essere più numerosi e meglio gestiti. Molte manifestazioni, per esempio, si
svolgono d'estate proprio perché l'affluenza dei turisti garantisce un certo
successo. Il che non è un male, però dimostra in un certo senso che le fette di
popolazione locale interessate alla cultura sono esigue. Eppure io ho sempre pensato
che l'emancipazione sociale parta dell'emancipazione culturale. Leggere rende
liberi.
Molti
giovani tuoi coetanei vanno via dall'isola per trovare lavoro, molti
cadono nella droga, qualcuno... scompare.Una parola per loro.
Per chi va via dall'isola, cosa che probabilmente farò
anch'io per lavorare, ho una parola di affetto e condivisione. So che per
spiccare il volo occorre abbandonare il nido, ma so anche che Procida resterà
sempre e comunque la culla in cui siamo cresciuti, e alla quale faremo ritorno
volentieri.
A chi cade nella droga e a chi scompare posso dire
solo questo: io non so se la vita sia un caso o sia un dono, ma so di certo che
è un'occasione. Sprecarla è veramente stupido.
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