"Lasciare l'isola per un po' fa bene"




Intervista a Milena Veneziani

Da quanti anni sei  in America?
Sono andata via dall’Italia 13 anni fa. Ho vissuto la maggior parte di questi anni in America, ma un paio d’anni anche in Inghilterra. Cinque anni fa mi sono trasferita a Santa Cruz, in California, dove vivo adesso. Si sta bene qui. Nei primi anni è stata dura, soprattutto per la mancanza delle persone care: il mio compagno, la mia famiglia, i miei amici. Poi le cose cambiano, si aggiungono nuovi affetti, e ci si abitua ad una vita diversa.

Dimmi qualcosa sulla città dove abiti, sugli abitanti.
Santa Cruz è una città piccola, poco più grande di Procida in termini di abitanti, ma 10 volte più estesa in territorio.. E’ fortemente influenzata dalla presenza della University of California Santa Cruz (dove lavoro), per cui gli abitanti sono soprattutto giovani studenti e professori. E’ considerata una delle città più liberali e progressiste d’America. C’è una forte presenza di clochard (alta rispetto ad altre citta’ americane), un po’ per il passato hippie della città e un po’, credo, per la tendenza molto rilassata e relativamente tollerante del tipico abitante di Santa Cruz.

In quale dipartimento lavori, e come sono i rapporti di lavoro?
Lavoro nell’Ocean Science Department, alla UC Santa Cruz. Si lavora abbastanza bene con i colleghi del dipartimento. Ultimamente sto lavorando su un progetto mio, in collaborazione con la professoressa che mi ha seguita durante il Dottorato di Ricerca.

Quali ricerche hai compiuto fino ad oggi e quali i risultati scientifici più importanti?
Io studio Oceanografia Fisica, che si occupa appunto della Fisica del mare: correnti, onde e circolazione oceanica. Durante il Dottorato, che ho conseguito a Miami, in Florida, ho studiato la circolazione del Nord Atlantico dal punto di vista di boe galleggianti: strumenti che si rilasciano in mare e che seguono le correnti, una versione moderna delle antiche ‘bottigline col messaggio’. Tra i vari vantaggi di queste boe c’è anche quello che riescono a dare una buona idea di come i traccianti marini si disperdono, e questo è utile per lo studio della dispersione di componenti biologiche, chimiche o inquinanti, per esempio. Successivamente, e da quando sono qui a Santa Cruz, studio la circolazione marina, l’oceanografia costiera e l’effetto di vortici medio-piccoli (equivalenti ai grandi sistemi atmosferici che determinano il tempo meteorologico alle nostre latitudini).

Riesci a conciliare lavoro e famiglia?
Non e’ facile conciliare lavoro e famiglia, soprattutto adesso che mia figlia è piccola. Però negli ultimi mesi le cose sono migliorate: lei va all’asilo con piacere ed è contenta a fine giornata. E questo aiuta!

Torni spesso sull’isola?
Solitamente vi ritorno una volta all’anno, anche se negli ultimi tempi questo periodo s’è allungato, a causa della distanza e del lavoro. Durante i primi anni che ero lontana, tornare a Procida mi portava gioia ma anche tanta tristezza, perché la vedevo cambiare in peggio, anno dopo anno. La cosa che colpiva di più era il traffico: così sproporzionato rispetto alle dimensioni dell’isola. Devo ammettere che dispiace sempre vedere questa realtà e confrontarla alla Procida della mia infanzia. Che sicuramente non era perfetta o migliore di quella che è adesso sotto altri punti di vista, ma almeno era un posto più tranquillo, sereno e spesso silenzioso. I suoni del porto erano quelli delle barche, dei pescherecci, della campana della chiesa e dei gabbiani, non i clacson e i rumori delle macchine 

Se ti fosse chiesto un progetto per il risanamento dell’isola di Procida…?
Sicuramente ci vorrebbe un progetto di riduzione del traffico, di restituzione delle strade, così strette e poco addette al traffico di macchine, ai pedoni. A parte i divieti, ci vorrebbe una campagna di sensibilizzazione, magari degli eventi particolari a traffico zero, per far capire che spesso della macchina non ci sarebbe assolutamente bisogno. E che anzi camminare fa bene, al corpo e all’anima, perché: come ci si incontra per strada se stiamo sempre chiusi in macchina?

Un ultima parola per i giovani procidani.
Credo che lasciare l’isola per un po’ faccia bene: fa allargare gli orizzonti, aiuta a pensare in modo diverso, a capire ed accettare altri modi di pensare/fare, e ad intraprendere nuove esperienze. Poi magari si ha il desiderio e la necessità di tornare, ma almeno si è fatto un proprio cammino, che è difficile fare se si resta chiusi nel recinto dell’isola. O magari si decide di non tornare, di nuovo per desiderio o necessità, e anche questo fa parte della vita.

a cura di Anna Rosaria Meglio



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