PROCIDA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA: L'INCONTRO A PROCIDA CON MARIO LUZI

Procida 1990: Mario Luzi, Giancarlo Cosenza e Pasquale Lubrano Lavadera

 "Dal silenzio"

   Ho incontrato Mario Luzi nel 1990 a Procida, dove era giunto per ricevere il Premio "Procida-l' isola di Arturo-Elsa morante" per il libro Frasi ed incisi di un canto salutare.

   Avevo già letto e recensito alcuni suoi libri e grazie a questi lavori era nato uno scambio epistolare. Gli avevo inoltre inviato in lettura le mie poesie.

   Il sapere che sarebbe giunto nell’isola mi riempì di gioia e lo attesi al porto in quel lontano pomeriggio di settembre insieme all'architetto Giancarlo Cosenza, amico comune. Noi due soli per il poeta, per il grande poeta, il quale, scendendo dall’aliscafo, fu felice di salutare Giancarlo e di conoscermi di persona.

   Lo accompagnammo in albergo e più tardi alla scoperta dell'isola.

   Immersi nel sole e abbagliati dall'azzurro mare, nella luce calda del sole morente, Luzi rimasse estasiato e silenzioso. Lontana da voci e da profanatori, l'isola  gli apparve in quell’ora "bellissima e straordinaria".

   Seguirono due giorni accanto alla sua presenza discreta e attenta. Il suo chiedermi, ogni volta che ci ritrovavamo: "Sta bene?", era denso di umanità.

   Scoprivo, poi, nell'essenzialità della sua comunicazione, il valore della parola, delle parole.

   Insieme visitammo Marina Corricella e il centro storico di Terra Murata e gli scattai alcune foto. "In spazi così ristretti scenari di infinita bellezza!", così disse dalla terrazza dell'Abbazia di San Michele, di fronte alla distesa azzurra del golfo di Napoli.

   Ci appartammo poi in un cortile pieno di luce, nella casa dei miei avi situata accanto all'Abbazia, e potei rivolgergli qualche domanda per un’ intervista.

    Senza riserve, mi aprì la voragine della sua anima, la sua visione dell'esistenza, dei rapporti umani, dell’universo di cui aveva scandagliato le vette e gli abissi.

    Poi conobbe la mia famiglia, vide i miei dipinti e ne scelse uno dove dominava il giallo chiaro: "E' così pieno di luce!" commentò.

   Nel  giorno della partenza lo accompagnai fino a Napoli e, prima di lasciarci così  scrisse  sulla prima pagina del libro Trame: "a  P.L. in ricordo di giorni procidani magnifici, con amicizia".

   Da quella volta il nostro rapporto non si è più interrotto: una telefonata, una lettera o una cartolina.

   Un giorno mi annunziò che sarebbe stato di passaggio a Napoli per alcuni interventi all'Università. Potevamo incontrarci.  

   Fu un pomeriggio ricco di emozioni. Seduti in un bar di via Carducci, sorseggiando un tè, volle che leggessimo insieme le poesie che gli avevo mandato in visione. Aveva qualcosa da dirmi: una preposizione da correggere, una parola da sostituire, un verbo di troppo.

   Mi accompagnò, poi, fino al porticciolo di Mergellina ed aspettò sulla banchina che l'aliscafo prendesse il via. E' l'ultima immagine che di lui conservo.

   Stordito e felice le ore trascorse con Luzi, riguardavo, in quel viaggio di ritorno, le poesie esaminate insieme. Mi soffermai sull'ultima correzione alla poesia Padre: Sotto l'albero/ di mandarino/ sedevi/ e ci guardavi/ nel silenzio/ della tua vita, e sentivo la sua voce che diceva : "Forse è meglio dal silenzio, non ti pare?"

   Gli avevo detto di sì, forse senza capirne la motivazione. Ma oggi, rileggendo quei versi, ho compreso appieno il senso di quel dal: può esserci un silenzio muto che ci restringe e ci immobilizza, ma lui preferiva  un silenzio vivo, aperto alla conoscenza e ad un rapporto vitale tra le creature, un silenzio che potesse continuare a dire anche dopo la morte.

PASQUALE LUBRANO LAVADERA


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